Un nuovo futuro è possibile
Le idee e le proposte di Sinistra Civica Ecologista per la Toscana 2020/2025

Un Green New Deal per la TOSCANA

Nel mondo, già prima del Covid 19, si parlava della crisi economica finanziaria e sociale, della crisi climatica ambientale e del fatto che queste si intrecciavano ed interagivano tra loro creando una situazione che, se non affrontata con tempestività e determinazione, avrebbe potuto portare l’umanità verso un disastro, ipotecando seriamente il futuro delle nuove generazioni e mettendo a rischio addirittura la sopravvivenza stessa della specie umana. L’emergenza sanitaria ha reso più realistici gli scenari catastrofici, accelerando molti processi, e le conseguenze che stiamo avendo sulla crisi di sistema ci obbligano a prendere atto, una volta per tutte e senza ripensamenti, dell’insostenibilità sociale ed ecologica del modello di sviluppo planetario del sistema capitalistico.

All’interno di questo panorama, non possiamo non prendere atto del fatto che anche la Toscana è giunta ad un punto di svolta nella sua storia.

Gli esiti della globalizzazione aggravati dalla pandemia, con le dinamiche di ripiegamento dell’economia che si sono riversate in tutto l’Occidente, in Toscana si manifestano con particolare intensità a causa del tipo di struttura socioeconomiche su cui la nostra Regione si è costruita nei decenni: un modello fortemente caratterizzato dall’export che, per quanto forte, risulta maggiormente esposto alla congiuntura internazionale, soprattutto se non sorretto da un adeguato mercato locale o interno a livello europeo. Dall’altro lato, le politiche di austerità e la crisi fiscale dello Stato, deprimono il raggio di azione della spesa pubblica a sostegno dell’economia e dei mercati e tolgono risorse destinate al welfare e agli enti locali, compromettendo il mantenimento della qualità sociale costruita nei decenni. La crisi economica e sociale in atto, i cambiamenti climatici ed il ritorno di politiche di potenza, mettono in difficoltà la tenuta delle democrazie liberali e del governo delle politiche, sia a livello nazionale che locale (crisi delle forme di government e governance). Negli anni si è manifestata così una crisi del “regionalismo” che ha visto l’emergere di una progressiva differenziazione tra aree forti ed aree deboli.

La nascita di un vero e proprio dualismo tra centro e periferie e tra aree centrali e costiere ne è testimonianza, con gli inevitabili processi di arretramento anche sul piano politico istituzionale, come testimonia l’affermazione elettorale di forze populiste e di destra nel vuoto di rappresentanza, causato dalla subalternità del centrosinistra alle politiche neoliberiste.

La Sinistra in Toscana si trova oggi di fronte ad un bivio: continuare a tamponare a valle gli aspetti più contraddittori delle scelte fatte finora, lasciando inalterato il segno degli interessi dominanti, oppure ritrovare il coraggio di riprogettare un futuro possibile. Noi pensiamo che sia giunto il tempo di progettare un nuovo futuro possibile, che dia il segno di una forte discontinuità e che veda nello “Sviluppo Sostenibile” non una semplice questione di innovazione tecnologica e cosmesi del mondo delle merci, ma un nuovo modello di sviluppo che metta al centro una nuova relazione tra ambiente, economia e società, dove l’ambiente, condizione per la vita, venga considerato nella duplice veste di capitale naturale e bene comune.

Il rispetto e la riproduzione degli ecosistemi dovrà essere la risultante di ogni attività, mentre la qualità sociale, la tutela della salute e la qualità del lavoro, dovranno essere condizione ed obiettivo di ogni politica, che in sede di programmazione dovrà sempre mettere in evidenza la stretta correlazione tra lavoro, diritti sociali e tutela dell’ambiente. Nella pratica il processo di riqualificazione e riconversione del nuovo modello di sviluppo dovrà stare all’interno di un percorso democratico e partecipato verso la sostenibilità: nel progettare, nel produrre, nel commercializzare e consumare, nel gestire i rifiuti, nel sistema energetico, nella mobilità delle merci e persone, nelle relazioni sociali e nell’abitare.

Questo è ciò che noi definiamo il Nuovo Green New Deal per la Toscana che di seguito presentiamo.

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UN NUOVO REGIONALISMO

Per realizzare l’idea di un nuovo futuro possibile (nuovo Green New Deal per la Toscana), occorre innanzi tutto lanciare l’idea di un Nuovo Regionalismo.

Il Nuovo Regionalismo di cui parliamo, che non va confuso con il concetto di “regionalismo differenziato” come spartizione di poteri tra Stato e Regioni, si basa sulla convinzione che sia fondamentale disporre di rinnovate istituzioni della Repubblica in grado di governare la transizione verso uno sviluppo sostenibile che, ponendo al centro tutela dei diritti e qualità della vita delle persone, produca prima di tutto un salto democratico, prevedendo forme di partecipazione più diretta al governo della Regione. E’ già stata individuata in sede di Unione Europea la Regione quale “luogo” istituzionale e politico in cui le politiche macroeconomiche incontrano il territorio con le sue differenziazioni, le soggettività, le risorse umane ed ambientali che lo caratterizzano. In questo senso la Regione dovrà, da un lato, ridefinire la sua missione facendosi soggetto promotore di uno sviluppo più armonico e solidale tra tutti i suoi territori e, dall’altro, favorire la nascita di una nuova stagione di partecipazione della società civile alla vita politica. Ciò in termini istituzionali significherà attrezzare la Regione, i Comuni e i soggetti della “democrazia organizzata” (associazionismo, sindacati, rappresentanze di cittadini e gruppi di interesse) di cui la Toscana è ricca, in un nuovo rapporto tra Stato e Mercato, in cui la Regione insieme alle autonomie locali si renda maggiormente protagonista nella programmazione e, nel caso, anche nella gestione delle risorse in settori strategici.

I movimenti civici in particolare esprimono, dal basso, proprio questa esigenza: la necessità di una continua interazione con i cittadini attraverso canali di comunicazione chiari e democratici, con strumenti non solo di controllo e verifica dell’efficienza delle scelte, ma anche di sostegno ai governi locali. Il senso di appartenenza alla propria comunità ed alle proprie rappresentanze è la chiave per una nuova democrazia attiva e partecipata, che non dimentichi di valorizzare le figure più meritevoli della comunità, a tutela dell’interesse comune.

Un nuovo rapporto tra Regione ed Autonomie locali

Punto qualificante di questo nuovo protagonismo della Regione, sarà un nuovo rapporto tra la stessa e gli Enti Locali, che costituiscono oltre al primo livello di governo sul territorio, anche un fondamentale istituto di rappresentanza dei cittadini. Uno sviluppo sostenibile che, come abbiamo detto, deve realizzarsi in una relazione feconda tra ambiente, società ed economia, necessita del contributo essenziale degli Enti Locali per la tutela e la valorizzazione delle specificità territoriali con politiche di programmazione incisive, che aprano una nuova dialettica nel rapporto tra pubblico e privato. Vi è poi la questione delle Province che, dopo l’evidente fallimento della riforma, occorre ridefinire, e dove la Regione può dare un grande contributo. In tal senso andrà implementato il ruolo del Consiglio delle Autonomie Locali toscane.

Allo stesso modo, i Consigli Comunali potranno e dovranno essere coinvolti in atti fondamentali come il Piano Regionale di Sviluppo e la definizione delle priorità locali per l’utilizzo dei Fondi Strutturali nonché dei fondi nazionali (FSC), arricchendo il dibattito regionale con specifici contributi da parte dei singoli Comuni che potranno dare maggiore forza e rappresentatività alle scelte regionali, ed al contempo orientare verso una condivisione di obiettivi l’intera comunità toscana.

SANITA'

Rilanciare la sanità pubblica toscana è una priorità strategica per la qualità del servizio, per la salute e il benessere di tutti i cittadini e le cittadine.

Le priorità su cui vogliamo intervenire sono cinque:

  • Rilanciare l’organizzazione dei servizi territoriali basata sull’integrazione socio-sanitaria, sul lavoro multidisciplinare, sulla sanità d’iniziativa, sullo sviluppo di infrastrutture fisiche (Case della Salute) per far fronte alla doppia sfida epidemica: delle malattie croniche e delle infezioni virali;

  • Recuperare una maggiore funzionalità ed efficienza del Servizio sanitario toscano restituendo ai Presidi ospedalieri e alle Zone-Distretto larghi margini di autonomia gestionale

  • Ridurre le lunghe liste d’attesa potenziando i servizi pubblici (sacrificati negli ultimi anni a favore del settore privato) e rafforzando l’appropriatezza clinica.

  • Rafforzare i dipartimenti di prevenzione (fondamentali anche nel controllo delle epidemie) e il servizio di controllo e prevenzione ambientale (Arpat). Ci vuole un reclutamento importante delle diverse necessarie figure professionali ed un potenziamento della formazione in questi settori.

  • Circa le disabilità, assumere il principio del progetto di vita individuale invece che la strategia dell’istituzionalizzazione in grandi strutture residenziali (per anziani, per persone con disabilità fisico motoria, disabilità psichica o intellettiva).

Il processo di accorpamento delle Asl ha aumentato la complessità dell’organizzazione, ha ridotto la possibilità/capacità di avere una conoscenza approfondita su ciò che avviene sul “campo” ed ha portato ad un rallentamento, spesso alla paralisi, dei processi decisionali. È urgente correggere tali difetti attraverso la ricostruzione di un sistema di responsabilità gestionali, nei processi di cura e presa in carico e con reale potere di decretazione di spesa e di acquisizione di operatori e tecnologiche. Tutto ciò favorirebbe anche una riattivazione del ruolo dei Comuni che potrebbero avere un interlocutore più diretto e vicino ai territori specifici. In questo senso è necessaria la verifica ed eventuale rilancio delle esperienze, ancora attivate solo in alcuni territori, delle Società della Salute come momenti di effettiva gestione di tutti i servizi e di piena integrazione tra i Comuni e i servizi sanitari.

Cosa abbiamo imparato dal Covid19?

La lezione che ci viene dalla pandemia è che oggi più che mai c’è bisogno di un Distretto sociosanitario per:

  • valutare i bisogni della comunità, la ricerca dei gruppi di popolazione a maggiore rischio sanitario e sociale, al fine di programmare i necessari interventi di prevenzione;

  • intervenire proattivamente (sanità d’iniziativa) sulle patologie, sia infettive acute che su quelle croniche, per diagnosticarle precocemente, per prevenire aggravamenti, scompensi e ospedalizzazioni;

  • garantire la continuità delle cure governando attivamente le relazioni tra reparti ospedalieri e servizi territoriali.

L’espansione di politiche territoriali pubbliche passa anche per la realizzazione diffusa di strutture fisiche come le Case della Salute.

Non dobbiamo relegare tra gli incompiuti quanto già contenuto da tempo negli atti della Regione.

Riduzione tempi di attesa

E’ necessario un impegno deciso per la riduzione dei tempi di attesa, tramite la riorganizzazione e il potenziamento del sistema pubblico, soprattutto con forte assunzione di personale, a tempo pieno e a tempo indeterminato.

Lo slogan “chi prescrive, prenota” può essere un reale rimedio per ridurre le difficoltà che hanno i malati nel cercare di prenotare le visite e gli esami.

Prevenzione e controllo

Dobbiamo promuovere una rinnovata strategia sulla Prevenzione Collettiva/Controllo ambientale. È necessario un rafforzamento sia dei dipartimenti di prevenzione Asl che del servizio di controllo e prevenzione ambientale (Arpat), insieme – particolarmente per quest’ultima struttura – ad una piena valorizzazione della funzione di ‘ente terzo’. Ci vuole un reclutamento importante delle diverse necessarie figure professionali, un potenziamento della formazione, insieme ad una integrazione delle due strutture. È questo un insieme di servizi che va ricostruito e rivalutato. Con le necessarie attività di controllo devono essere potenziate le attività di prevenzione e assistenza (per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le malattie infettive, rischi alimentari, salute degli animali). In questo periodo abbiamo anche duramente preso atto di quanto è importante strutturare e aggiornare un Piano Pandemico regionale.

Potenziare i consultori

Rilanciare il ruolo dei Consultori come presidio territoriale a tutela della salute della donna, a partire dal rispetto della libera scelta femminile su sessualità e maternità, dell’età evolutiva e delle relazioni di coppia e familiari.

Anziani: prima di tutto cittadini

Ai differenti bisogni delle persone anziane è necessario rispondere con supporti e servizi differenziati e con il coraggio di sperimentare innovazioni che abbiano come principio guida la dignità della persona. Deve essere valorizzata la cosiddetta residenzialità leggera, cioè un insieme di soluzioni abitative “intermedie”, contestualizzate e integrate nel territorio, nonché sperimentati nuovi modelli di RSA, di piccole dimensioni, in cui l’assistenza sanitaria sia affidata al servizio sanitario nazionale, ed anche il personale infermieristico e medico deve essere ricondotto alla gestione pubblica, insieme al potenziamento reale dell’assistenza domiciliare, anche attraverso interventi di équipe multiprofessionali.

Salute mentale.

Le tante criticità che attraversano il mondo dei servizi di salute mentale in Italia si riflettono anche nella nostra Regione. I percorsi di cura che si realizzano nei territori dovrebbero partire dai Servizi per la salute mentale che, lungi dall’essere solo dispensatori di farmaci e visite mediche, dovrebbero essere il luogo di elaborazione dei progetti personalizzati, nonché di costruzione delle reti con tutti i soggetti della comunità locale (comuni, associazioni, parrocchie, imprese, familiari ecc.).

La piena cittadinanza delle persone con disabilità.

Oltre a garantire l’accessibilità alle cure sanitarie, generali e abilitative/riabilitative, è necessario fare una scelta politica di fondo tra l’istituzionalizzazione e la casa, il lavoro, il tempo libero, le relazioni, l’autodeterminazione, come diritti di cittadinanza. Un progetto di vita “individuale” richiede abitazioni supportate, gruppi appartamento, inserimenti lavorativi. Le alternative agli istituti oggi sono eccezioni, ed invece devono costituire gli elementi fondanti della nuova programmazione regionale.

Ospedali.

Non possiamo sottrarci ad una valutazione sull’adeguatezza del numero dei posti letto ospedalieri in Toscana, negli ultimi anni eccessivamente ridotto. Per gli stessi ospedali, è cruciale presidiare e migliorare l’appropriatezza clinica e monitoraggio dei percorsi sanitari. L’esperienza della epidemia COVID 19 (con tutti i gravi rischi cui sono stati esposti i lavoratori della sanità, specialmente nella prima fase), ci ha mostrato l’importanza della sicurezza delle cure (ad esempio, il grave e emergente problema delle infezioni ospedaliere). Per gli ospedali periferici, a partire da quelli delle zone montane e insulari (Elba), è necessario ridefinire il loro ruoli e funzioni – e garantirli nel tempo – secondo i bisogni del territorio e all’interno della complessiva rete e programmazione ospedaliera di area vasta che assicuri qualità e sicurezza.

Vi è l’esigenza di un deciso avanzamento delle tecnologie informatiche e telemedicina, con particolare attenzione alla integrazione informatica tra territorio e ospedale. L’intera rete regionale tecnologica e infrastrutturale deve essere potenziata. È necessaria una rinnovata cura del cosiddetto ‘clima lavorativo’ nelle organizzazioni, considerando anche una certa diffusa demotivazione degli operatori sociali e sanitari che è andata accentuandosi negli ultimi anni. Rinnovate e più consistenti politiche per la formazione degli operatori devono essere assicurate.

Il fondamentale ruolo delle associazioni di volontariato.

È molto importante la funzione del terzo settore nella storia e nella realtà attuale della nostra regione, con particolare riguardo alla gestione di servizi di supporto ai servizi sociali e aiuto alla persona. È tuttavia necessario che il sistema pubblico rimanga universalistico e centrale nella gestione, nella programmazione e nel controllo accurato sulla qualità dei soggetti che con esso collaborano.

SCUOLA E FORMAZIONE

La politica del “Cambiamento” non può prescindere dalla formazione degli individui, offrendo percorsi sia volti alla crescita personale ed alle aspirazioni/ inclinazioni individuali, sia legati ai bisogni di sviluppo del territorio, nonché ai bisogni di innovazione e qualità delle imprese – in particolare quelle manifatturiere – che passano attraverso la ricerca e la formazione.

Il futuro di un paese risiede nella qualità dei suoi cittadini, nella loro capacità di trovare soluzioni ai grandi cambiamenti globali, alle sfide tecnologiche ed ecologiche. Da questo appare ovvio, ma del tutto inascoltato, come l’investimento sui giovani e sulla loro preparazione ma anche sulla riqualificazione dei lavoratori sia l’unico modo per poter superare la crisi attuale e quelle che in futuro dovremo affrontare. Ai nostri figli non vogliamo lasciare solo i debiti di un ambiente degradato e di risorse ormai insufficienti, ma fornire gli strumenti per cambiare e correggere gli errori commessi: questa è l’unica certezza perché l’umanità abbia un futuro.

Scuola e formazione sono inoltre alla base della crescita culturale degli individui, per la costruzione di una cittadinanza attiva e consapevole, per alimentare la fiducia nelle istituzioni pubbliche, per la coesione sociale. In tal senso, la valorizzazione della memoria e del patrimonio storico territoriale, insieme alla conoscenza profonda della Costituzione, intesa come testo programmatico da “assorbire” nel pensare e che porta ad agire comportamenti scelti con coscienza, costituiscono quel fertile e democratico terreno che potrà continuare a caratterizzare la Toscana come antifascista e impegnata costantemente per l’affermazione ed il rispetto dei diritti di tutte le persone, nessuno escluso.

La filiera dell’istruzione, della formazione e del sapere quindi, deve essere sempre più centrale nelle politiche della sinistra, soprattutto ora che la crisi ha accentuato difficoltà che erano già presenti, mettendo in evidenza tutte le debolezze del nostro sistema formativo. Dall’Osservatorio Regionale Toscano di Educazione e Formazione gli indicatori Istat rilevano che in Toscana i Neet (cioè i giovani di 15-19 anni che non sono né occupati né inseriti in un percorso d’istruzione/formazione) sono passati dal 2004 al 2017 (ultimi dati disponibili) dal 12,86 % al 16,67 % e i giovani che abbandonano prematuramente la scuola, riferiti alla popolazione in età 18-24 anni che non ha titoli scolastici superiori alla licenza media o non è in possesso di una qualifica professionale o di un diploma, pur essendo in diminuzione, è ancora del 10,88% nel 2017.

In una società che tende a isolare gli individui, riducendoli a meri consumatori, la politica del “Cambiamento” non può, quindi, che individuare diverse direttrici atte alla formazione del capitale umano sia come innovazione del sistema produttivo che come promozione umana rivolta a costruire identità personali e comunitarie impegnate attivamente nella costruzione del proprio progetto di vita, in modo responsabile, motivato e funzionale, sia per la comunità che per la produttività. Premesso che occorre affrontare la Scuola in senso lato dal tempo dell’infanzia fino all’Università, a livello regionale vi sono funzioni e responsabilità che non possono essere disattese, ovvero:

Sul piano strutturale, risulta prioritario procedere con adeguati investimenti per la massima messa in sicurezza, secondo i migliori standard ambientali, di tutte le strutture scolastiche già esistenti sul territorio fino ad una nuova programmazione degli interventi di edilizia scolastica che possano, urgentemente, garantire un nuovo modello di accesso all’educazione scolastica anche alla luce dell’emergenza pandemica, attraverso:

  • interventi diretti a ridurre le carenze di strutture su tutto il territorio e a garantire l’immediato soddisfacimento del fabbisogno di aule secondo una nuova visione che contrasti le “classi pollaio”;

  • interventi diretti a garantire davvero la sicurezza, l’accessibilità degli spazi e la fruibilità degli strumenti e degli ambienti, per tutti;

  • innovato adeguamento delle strutture edilizie alle nuove esigenze della scuola con riferimento all’innovazione didattica e alla sperimentazione;

  • interventi diretti a garantire in ogni scuola, anche la più periferica, la disponibilità di palestre ed impianti sportivi di base;

  • interventi diretti alla riqualificazione energetica ed all’adeguamento antisismico di tutte le strutture scolastiche di ordine e grado;

  • un nuovo “grande piano” di edilizia scolastica che valorizzi e preveda, non solo gli ambienti interni ma anche quelli esterni delle strutture scolastiche;

  • un piano di infrastrutturazione “leggera” che consenta di adeguare le strutture soclastiche e formative alle possibilità offerte dalle innovazioni tecnologiche a servizio dell’esperienza formativa ed educativa (dalle LIM agli accessi alla connessione di rete ecc).

Sul piano della Formazione e del contrasto all’abbandono scolastico, occorre affrontare nelle varie fasi del percorso formativo alcuni punti fondamentali per la costruzione di una nuova cittadinanza, per i quali la Regione potrebbe:

  • sostenere il percorso verso gli asili nido gratuiti;

  • prevedere una legge regionale che anticipi quella nazionale per rendere la mensa scolastica, momento educativo, come un diritto e non un servizio a domanda individuale da non far gravare sui bilanci dei singoli Comuni;

  • promuovere, anche sulla base di quanto stabilito dalla Legge 9272019 sull’insegnamento dell’educazione civica a scuola, un progetto per promuovere la cultura della Costituzione sin dalla scuola dell’infanzia, secondo un progetto regionale specifico e calibrato in base all’età dei bambini e dei ragazzi, per educarli fin da piccoli ai valori democratici, civici ed antifascisti di rispetto, solidarietà, aiuto reciproco, autoaffermazione, espressione di sé, differenze e valorizzazione di genere, pari opportunità, dialogo intergenerazionale, conoscenza dei luoghi e valorizzazione della memoria attraverso comportamenti educanti e formativi adeguati ed efficaci. In tal senso il collegamento attivo col territorio e le sue risorse ambientali, storiche, naturalistiche, artistiche e umane sarà fondamentale.

  • sostenere campagne educative permanenti in collaborazione con la Scuola e sin dalle scuole dell’infanzia sui seguenti ambiti:

      • corretti stili di vita, di igiene personale a fini di prevenzione;

      • educazione emotiva, affettiva e sessuale per promuovere equilibrato sviluppo identitario e relazionale, rispetto degli orientamenti sessuali, consapevolezza nelle scelte sessuali e prevenzione della violenza di genere e omofoba;

      • promozione della cultura solidale ed inclusiva, sia come dialogo intergenerazionale e interculturale che con riferimento a luoghi e culture diverse, per contrastare forme di razzismo, esclusione, violenza, abbandono e solitudine

Sul piano dell’inclusione, intendiamo investire per un’efficace e reale inclusione scolastica e sociale nella scuola, per valorizzare ogni persona affinché possa orientarsi verso il mondo del lavoro con salde competenze e forte motivazione. Costruire e pensare il proprio futuro non è dimensione facile né consueta oggi che il tempo è “schiacciato su un presente” in cui i giovani mostrano incertezze a prefigurarsi obiettivi da raggiungere per realizzarsi ed auto affermarsi, come identità, nel sociale e nel mondo del lavoro. Intendiamo investire per l’inclusione per tutti oltre ogni categorizzazione confinante ed escludente per promuovere in modo universalistico diritti umani, di cittadinanza e partecipazione, orientati alla qualità della vita, alla promozione del benessere, al rispetto reciproco, alla collaborazione e al dialogo. Si tratta quindi di valorizzare le differenze, intese come specificità di ognuno, creatività ed espressività personali, contributi “unici” del tessuto sociale e membri della comunità, localmente e poi più ampiamente intesa: cittadini del mondo. Si tratta di percepire e accogliere l’altro da noi perché è un valore, in quanto persona, e solo così potremo contribuire all’affermarsi di una comunità non ostile, razzista, bullizzante e aggressiva rispetto al diverso, inteso anche come orientamento sessuale che non sempre riesce a manifestarsi apertamente, con conseguenze negative sulla propria identità sulla dimensione lavorativa ed esistenziale. Particolare investimento culturale e formativo anche in ambito scolastico sulla questione delle differenze di genere e contro la violenza alle donne.

La Regione Toscana potrebbe farsi promotrice, per recuperare uno spazio “abbandonato” al privato ma fondamentale per una crescita equilibrata e armoniosa oltreché per una positiva socializzazione dei/lle bambini/e e dei/lle ragazzi/e, dell’accesso all’educazione fisica, attraverso alcuni interventi specifici:

  1. Promozione e sostegno di progetti diretti a re-inserire l’educazione fisica qualificata con insegnanti in possesso di titolo di studio specifico, in tutte le scuole elementari non solo per uno sviluppo equilibrato e sano del corpo e della mente, ma anche per favorire la socializzazione, soprattutto nell’era del “divano” degli smartphone e dei giochi elettronici.

  2. Istituire, anche in via sperimentale, una Scuola pubblica dello Sport in tutti i Comuni accessibile gratuitamente fino ai 18 anni con istruttori qualificati (magari in collaborazione con il Coni o gli altri enti di promozione sportiva) per tutte le discipline, dall’atletica al tennis, dal calcio al basket, nuoto, pallavolo, ecc, valorizzando e promuovendo attività sportive anche per studenti con disabilità. Questo consentirebbe in primis a tutti i bambini di poter accedere allo sport superando le diseguaglianze economiche ma soprattutto offrendo occasioni possibili di crescita, confronto e impiego del tempo non scolastico anche per combattere l’isolamento, l’abbandono e il disagio sociale nelle fasce precoci di età. L’attività sportiva per tutti permetterebbe a alunni/e e studenti/sse di provenienza da altri Paesi di migliorare la conoscenza e l’uso della lingua con conseguenti ricadute positive nelle relazioni tra pari e nell’apprendimento scolastico.

  3. Intervenire per la costruzione di politiche delle opportunità post diploma e post università che consentano al sistema territorio di mantenere il capitale umano formato rendendosi generatore di una circolarità positiva e costruttiva.


Contrastare l’abbandono scolastico

La riduzione dell’abbandono scolastico dalla scuola dell’obbligo alle superiori ma anche a livello universitario è condizione imprescindibile per la lotta alla povertà, all’esclusione sociale e per il miglioramento delle condizioni di lavoro, oggi sempre più povero, attraverso il potenziamento e l’ampliamento di tutti i dispositivi atti ad una effettiva fruizione del diritto allo studio a partire dalla fascia 0-6 anni. La Regione potrebbe farsi promotrice di politiche specifiche e in particolare:

  • Realizzare il sistema integrato così come previsto dalla legge 65/2017, con la generalizzazione delle scuole dell’infanzia e il sostegno al processo per cui anche i nidi entrino a pieno titolo nei percorsi di istruzione, per promuovere la continuità del percorso formativo e scolastico attraverso modalità di collaborazione, progettazione e organizzazione condivise e finalizzate ad un processo unitario di sviluppo.

  • Aumentare e riqualificare il tempo scuola, tempo pieno e tempo prolungato e le compresenze con il conseguente aumento dell’organico necessario per garantirli;

  • Supportare con risorse umane ed economiche il reinserimento in percorsi di istruzione-formazione.

E’ necessario rafforzare i Centri per l’Impiego che, tra le molteplici competenze, hanno anche quello di rintracciare questi giovani che hanno abbandonato la scuola, fare orientamento, proporre loro percorsi di formazione, tirocini formativi, apprendistato, inserimento in percorsi scolastici serali;

  • favorire quella rete di collaborazione interistituzionale tra Scuola, Centri per l’Impiego, servizi sociali, tribunale e associazioni per attivare percorsi condivisi sul contrasto all’abbandono;

  • In attesa della gratuità degli studi fino a 18 anni si rende sempre più necessario un sostegno economico per i giovani sia nel proseguimento degli studi nei percorsi scolastici e formativi.

  • Maggior coinvolgimento degli Enti Locali. Gli Enti Locali devono assumere un ruolo di primo piano nella promozione della cultura e dell’istruzione. Devono diventare punti di riferimento di un sistema allargato di soggetti (scuole di ogni ordine e grado, università, associazioni, cittadini) che dialogano e collaborano in quanto appartenenti alla comunità locale. Si andrebbe così verso l’assunzione della scuola come un’infrastruttura affinché promuova la crescita del diritto-dovere di cittadinanza, sviluppi la consapevolezza dei processi di convivenza democratica e il riconoscimento degli elementi identitari di un territorio, condizionandone anche positivamente lo sviluppo economico.

La formazione permanente

Nella prospettiva data la conoscenza acquisisce un’importanza strategica. Nella futura società della conoscenza è necessario che, nella formazione superiore, sia sempre più coinvolta la popolazione adulta con le sue esigenze e necessità di apprendimento continuo, per evitare il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno. L’apprendimento permanente, così come sta avvenendo in altri paesi europei, dovrà diventare un compito istituzionale, per questo dovremo batterci per evitare la separazione netta, come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, tra il tempo della scuola/formazione e il tempo del lavoro. I due tempi saranno destinati ad interscambiarsi ed incontrarsi durante tutto l’arco della vita perché, qualsiasi azione di riconversione e riqualificazione, passa solo attraverso una efficace opera di formazione. E’ quindi fondamentale ridefinire i percorsi di formazione continua, in modo che siano non solo a supporto delle imprese, ma anche anticipatori dei nuovi bisogni del mercato del lavoro dovuti ai nuovi indirizzi di sviluppo europei, alle scelte programmatiche del Governo, delle Regioni e dei territori.

La formazione continua deve sia formare forza lavoro qualificata sia dare strumenti di valorizzazione atti ad elevare la dignità del lavoro stesso.

Dare stabilità e adeguatezza ai finanziamenti della formazione professionale è requisito indispensabile per evitare che il canale professionalizzante diventi un binario di offerte residuali e si trasformi invece in vera opportunità di crescita per gli allievi e per il paese. La certezza dei corsi deve essere garantita.

Rafforzare il rapporto tra scuola, università e territorio (ITS e IFTS), sapendo che i nuovi mercati e la produzione di nuovi beni hanno bisogno di maggiore conoscenza e sapere, favorendo la partecipazione non solo di studenti e lavoratori ma anche di imprenditori, professionisti, dirigenti pubblici.

Il sistema delle Università toscane non solo deve eccellere a livello globale ma anche nutrire, in un rapporto organico e in misura crescente, i territori che lo esprimono, e in tal senso la Regione può e deve giocare un ruolo essenziale atto alla produzione di cultura e non solo al suo consumo.

AMBIENTE

Il Covid-19 e le recenti crisi climatiche ci hanno messo di fronte una delle conseguenze catastrofiche dell’eccessivo sfruttamento degli ecosistemi: evidenze crescenti suggeriscono che le malattie epidemiche diventano più frequenti man mano che il clima continua a cambiare e che la distruzione degli ecosistemi può favorire il passaggio di agenti patogeni da specie a specie.

Occorre ripartire da questa nuova consapevolezza: la salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema è diventata la priorità assoluta. La tutela delle biodiversità, la depurazione delle acque, la salvaguardia del paesaggio, l’energia rinnovabile, sono i grandi temi che devono guidare futuri progetti di rigenerazione per la tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale dei diversi territori, partendo dal coinvolgimento delle comunità locali.

Ricordiamo la necessità di ridurre l’impatto negativo per l’uomo e l’ambiente in aree altamente inquinate per la presenza di impianti industriali, traffico stradale e portuale, trasporto merci su gomma. La fragilità idrogeologica, particolarmente grave lungo le nostre coste, è elevata anche a livello regionale (franosità, allagamenti, inondazioni). Serve una nuova politica contro i fenomeni di inquinamento del mare che si manifestano con il peggioramento delle acque di balneazione o la regressione delle piante marine, sorgente insostituibile di ossigeno e baluardo all’erosione costiera.

Infine, vogliamo ricordare la carenza di fonti idriche adeguate in termini qualitativi e quantitativi a sostenere i diversi settori dall’industriale a quello agricolo tenendo conto dell’impatto della ricettività turistica che amplia il problema della risorsa nei periodi di minor disponibilità anche alla luce dei pesanti cambiamenti climatici in corso.

Rivoluzione energetica

La Toscana punta ad essere una regione carbon-free al 2050.

L’obiettivo è quello di essere autosufficienti nella produzione di energie rinnovabili nel giro di trent’anni così da essere completamente indipendenti dalle fonti fossili. Il tema principale è quello che tende a rafforzare l’elettricità come fonte sostitutiva anche dei carburanti e del termico, a partire dalla mobilità elettrica. La Toscana è favorita in questo processo perché ha la geotermia, una fonte rinnovabile collocata nel sottosuolo che costituisce una risorsa strategica per il nostro Paese; ma anche questa fonte energetica presenta criticità che devono essere affrontate e risolte con impianti tecnologici adeguati e combattendo l’eccessivo sfruttamento, favorendo il dialogo con i territori e le popolazioni delle aree geotermiche.

Una vera rivoluzione energetica però, si nutre di un mix intelligente di soluzioni. Progettualità e soluzioni che debbono farsi forti del consenso informato e della partecipazione delle comunità locali. Con l’esclusione delle aree preventivamente definite non idonee dalla Regione, ogni territorio, con il coinvolgimento delle comunità e la partecipazione dei cittadini, dovrà prendersi la responsabilità di accogliere gli impianti per la produzione di energia rinnovabile più consoni alle sue caratteristiche (solare termico, fotovoltaico, eolico, biomasse, correnti marine, geotermia a bassa e media entalpia con recupero del calore). Per avviare la graduale fase di transizione ad un nuovo sistema energetico, la metodologia da seguire è quella di procedere insieme in modo integrato e contestuale con le diverse azioni necessarie, ovvero:

1) sviluppare e sostenere la ricerca tecnologica su tutte le tipologie di fonti rinnovabili;

2) promuovere un trasferimento tecnologico efficace per sviluppare sui diversi territori della Regione una filiera industriale di produzione e commercializzazione delle tecnologie innovative;

3) coordinare un’azione efficace di formazione;

4) sviluppare una grande campagna formativa ed informativa a livello territoriale, coinvolgendo i comuni toscani, per metterli a conoscenza dei diversi sistemi di incentivi economici esistenti a livello nazionale e regionale.


E’ necessario attivare un sistema incentivante e disincentivante per spingere i diversi comuni che ancora non l’hanno fatto, (e sono la maggioranza), ad adeguare i loro regolamenti edilizi per recepire le direttive e le normative regionali in materia di ecoefficienza degli edifici e per facilitare le installazioni di impianti di energie rinnovabili.

Il verde urbano costituisce in questo un elemento strategico fondamentale anche alla lotta ai consumi. Le città sono ormai luoghi in cui le temperature raggiungono picchi elevatissimi, a volte di oltre 5 gradi in più rispetto alle aree non urbanizzate. Questo a causa della concentrazione di attività umane ed industriali ma anche dell’eccessivo uso di impianti di condizionamento. Lo sviluppo del verde urbano come politica di approccio al problema climatico, permetterebbe di ridurre non solo l’irraggiamento nelle città ma anche migliorare la qualità dell’aria.

Il verde urbano per essere incentivato ha però bisogno di fonti rinnovabili di acqua: il riutilizzo delle acque urbane per l’irrigazione del verde non solo fa parte di una delle azioni più efficaci dell’economia circolare, ma è una delle poche azioni che determinano immediato miglioramento della qualità della vita dei cittadini, innescando un circolo virtuoso che riduce anche i consumi energetici.

Sarà quindi necessario ripensare e riprogettare le nostre città in funzione di una coerente pianificazione e posa in dimora di piantumazioni in una logica di assorbimento degli agenti inquinanti ed anche di contenimento (barriere) rispetto ad alcune funzioni che spesso si collocano in determinate are delle città ( aree logistiche e industriali perifieriche). Sarà importante coordinare interventi di verde urbano nelle città sia in termini di scelta delle piantumazioni, sia nell’ottica di creare difendere e promuovere grandi polmoni verdi.

I comuni dovranno prevedere l’adeguamento dei propri piani del verde urbano in cooperazione con la Regione Toscana al fine di implementare su tutto il territorio un grande “Piano Verde delle Città”.

Acqua pubblica La gestione pubblica dell’acqua oggi deve diventare una realtà, sia perché i cittadini con il referendum ne hanno fatto richiesta, sia perché le società di gestione sono in grado di diventare totalmente pubbliche alla scadenza delle concessioni. È necessario un Patto tra tutti i soggetti interessati perché si favorisca l’uscita dei privati dalle società di gestione, per renderle totalmente pubbliche, e perché non vengano meno gli investimenti necessari per un piano straordinario per abbattere le perdite idriche delle reti e per qualificare sempre più il servizio pubblico dell’acqua, realizzando infrastrutture e rendendo più efficienti invasi e acquedotti in grado di superare i periodi siccitosi prodotti dai cambiamenti climatici in atto.

Le infrastrutture del Servizio Idrico Integrato, sono in gran parte vetuste e gran parte del territorio toscano è caratterizzato da una diversificazione in termini di facilità di captazione e approvvigionamento della risorsa idrica. Sarà quindi necessario pensare ad un grande piano di investimenti delle strutture idriche (in particolare per quelle ancora caratterizzate dalla struttura in cemento-amianto o comunque inadeguate per erogare correttamente il servizio in condizioni territoriali particolarmente svantaggiate) L’auspicio è di una legge regionale che faciliti tale percorso che, tuttavia, è nelle mani dei Comuni. La Regione Toscana dovrà supportare il percorso avviato con una proposta di legge regionale a sostegno dell’affidamento in house a società di gestione integralmente pubbliche (cui la Regione sta lavorando d’intesa con l’AIT – Autorità Idrica Toscana) e pensando alla creazione di uno strumento finanziario per facilitare gli Enti Locali nel processo di liquidazione delle realtà private attualmente coinvolte nelle società miste di gestione .

Bonifica dei siti d’interesse nazionale (SIN) Sono ormai indifferibili i lavori di bonifica dei nostri siti industriali inquinati: Orbetello, Piombino, Livorno e Massa Carrara. Oltre a proseguire l’impegno fino ad oggi portato avanti dalla Regione nell’assicurare la messa a disposizione delle risorse necessarie da parte del Governo, occorre dare trasparenza alle attività di bonifica, informando costantemente i cittadini sullo stato dell’arte attraverso la realizzazione di un sito web dedicato e la convocazione periodica di tavoli alla presenza dei tecnici e dei rappresentanti dei cittadini, per un resoconto sugli esiti delle azioni intraprese, con riferimento ai riepiloghi delle spese affrontate, assumendosi l’impegno anche a realizzare delle stime sulle percentuali di successo delle bonifiche che dovranno anch’esse essere condivise con la cittadinanza.

Tutela Parchi Naturali ed Aree Protette In Toscana vi sono risorse ambientali scarsamente esplorate dal grande potenziale strategico. Lo studio delle nicchie ecologiche crea conoscenza che può portare sviluppo nei più svariati campi e lavoro. Il capitale naturale formato da parchi ed aree protette garantisce beni sempre più utili e scarsi; biodiversità, atmosfera di qualità, risorse idriche che già da soli meriterebbero iniziative di valorizzazione rivolte al turismo naturalistico e sostenibile. Due grandi questioni riportiamo, emblematiche e simbolicamente rappresentative dell’interesse alla conservazione e tutela ambientale, che richiedono una presa di posizione chiara e definitiva da parte della Regione: la questione del Parco delle Apuane e quella della Riserva Naturale del Padule di Fucecchio.

Sul Parco delle Apuane è necessario un segnale forte ed un cambio di passo.

Il Parco delle Apuane, oltre al valore paesaggistico, rappresenta un biotipo unico e tra i principali depositi d’acqua e di biodiversità da preservare. Occorre pensare ad un piano di riconversione delle attività estrattive, con la progressiva chiusura delle cave e l’avvio, anche con il sostegno finanziario pubblico, di nuove economie coerenti con il parco stesso, salvaguardando l’occupazione ed una prospettiva duratura di sviluppo.

Il Padule di Fucecchio è tra le aree umide più importanti d’Europa, per gli aspetti ambientali e della biodiversità, e rappresenta una notevole attrattiva turistico-naturalistica per la Regione. Un patrimonio prezioso, da tutelare e valorizzare attraverso una gestione condivisa che deve tenere insieme tutti i soggetti interessati (associazioni ambientaliste, agricoltori, cacciatori), dando priorità alla continuità del lavoro svolto in 20 anni dal Centro di Ricerca e Documentazione, che dispone delle professionalità e delle competenze che sono indispensabili alla conservazione delle biodiversità e alla manutenzione dell’area.

Su questi temi, per il carattere emblematico che rivestono, il nuovo governo toscano dovrà compiere scelte chiare e definitive, in funzione della tutela e conservazione del patrimonio ambientale della Toscana.

Le spiagge libere tutela e promizione delle spiagge libere e tutela del rapporto con le aree naturali contigue, per definire nuovi spazi di fruibilità senza derogare alla vigilanza ed alla sicurezza. Una maggiore informazione sui servizi ed una collaborazione più stretta con i concessionari sono passaggi fondamentali per uno sviluppo sostenibile della costa. I fenomeni di inquinamento stanno infatti riducendo le aree di migliore qualità e la lotta a questo deve essere portata avanti anche attraverso il potenziamento dei sistemi di depurazione e realizzazione di reti duali lungo il mare. Fondamentale è la realizzazione di reti fognarie separate per evitare che durante le piogge l’inquinamento a mare crei situazioni di altissimo rischio igienico sanitario. Le aree di costa sottoposte ad erosione marina dovranno essere oggetto di intervento pubblico. e gli accessi al mare garantiti a tutti anche nelle aree soggette a concessione.

MARE PULITO – Il mare costituisce una risorsa naturale importantissima per la vita degli ecosistemi e dell’uomo ed è un elemento fondamentale e centrale dell’intera economia regionale. Il mare è soggetto a pressioni e impatti che derivano dalle attività umane fra le più diversificate che vanno dal traffico marittimo, allo sversamento di liquami e rifiuti, allo sfruttamento delle risorse ittiche per citarne alcune, tutte attività che se mal gestite possono avere forti ripercussioni sulla salute del nostro mare. Occorre affrontare il problema della raccolta dei rifiuti, e delle plastiche in particolare, non solo sugli arenili, ma anche nei fondali promuovendo il coinvolgimento diretto dei cittadini e dei pescatori grazie alle nuove norme in modo che non ci si limiti ad interventi spot ma azioni sistematiche, con lo sviluppo di nuove tecnologie e avvalendosi anche dei centri di ricerca di biologia ed ingegneria presenti sul territorio. Bisogna fare tesoro della gran mole di dati disponibili riguardanti la pesca locale per migliorare la gestione delle attività di pesca professionale e artigianale. È necessario migliorare il monitoraggio degli scarichi a mare e gli impianti di depurazione; riqualificare gli arenili; monitorare e scongiurare ogni eventuale abuso edilizio sulla fascia costiera; migliorare, anche con opportune campagne informative, i sistemi di raccolta degli oli usati ed altre sostanze dannose per l’ambiente marino. Vanno finanziate le reti ed acquedotti duali per garantire l’irrigazione tutto l’anno delle aree verdi e la possibilità per le industrie che hanno bisogno di acqua di esercitare tutto l’anno riducendo dove possibile il ricorso alla dissalazione. Occorre pianificare una separazione completa delle reti fognarie per garantire la balneabilità anche in caso di eventi piovosi intensi.

Portualità sostenibile – Lo sviluppo dei porti è essenziale per l’economia dei territori costieri, ma deve coniugarsi anch’esso con la sostenibilità ambientale. Il controllo delle emissioni navali, per esempio, è un aspetto fondamentale e le istituzioni devono fare tutto quanto in loro potere per renderlo effettivo ed efficiente. Per quanto riguarda la nuova Darsena Europa ma anche l’attività attuale dei porti, si rendono necessari studi e valutazioni di impatto aggiornati, per definire gli eventuali impatti sui litorali in modo che lo sviluppo del porto sia compatibile con le attività economiche presenti sulla costa e con la preservazione degli ecosistemi ambientali.

ECONOMIA CIRCOLARE

Ambientalismo e sviluppo non sono più contrapposti; la rigenerazione degli ecosistemi e lo sviluppo economico sono da considerare in modo sinergico. Ma per tenere insieme industria e sostenibilità è necessario un salto culturale. Lo sviluppo sostenibile infatti non si traduce solo in un mutato rapporto uomo-ambiente e nell’innovazione tecnologica, ma in un radicale cambio di mentalità che si basa su un’assunzione di responsabilità collettiva ed individuale affinché le scelte strategiche non avvengano solo in funzione del profitto, ma si dirigano verso la costruzione di un sistema produttivo coerente in grado di mettere in moto un’economia realmente rigenerativa. L’economia circolare è ormai divenuta una frontiera in tal senso, ha iniziato a compiere i primi passi, ma la strada è ancora molto lunga per gli interessi che tendono a conservare modalità produttive tradizionali. A livello regionale si possono però assumere fin da subito iniziative che diano un segnale importante sulla direzione in cui devono andare investimenti e nuovi progetti:

Incentivi alle imprese con produzioni riciclabili, affinché nel trasferimento di risorse pubbliche di qualsiasi origine alle imprese, possano essere premiate le produzioni riciclabili, sulla base di specifici e verificabili protocolli e che tali produzioni siano attuate rispettando certe condizioni (ad es. rifiuto della discriminazione salariale a parità di mansione uomo-donna), oltre che siano attuati i protocolli di sicurezza.

Servono incentivi e finanziamenti volti a favorire lo sviluppo, l’introduzione e la riconversione ecologica dell’economia, anche attraverso nuove tecnologie a basso impatto ambientale, che consentano la realizzazione di una industria al servizio dell’economia circolare, il contenimento delle emissioni nocive, tutelino la salute della popolazione e coinvolgano un impiego crescente di risorse rinnovabili, sostituendo progressivamente le fonti fossili o derivate da esse. Sono necessarie ed urgenti bonifiche e ripristini ambientali di aree compromesse anche da parte dei privati, a partire da quelle SIN/SIR, al fine di riconvertirle per nuovi usi industriali nel rispetto delle migliori pratiche. Servono incentivi e finanziamenti per produrre energia da fonti rinnovabili (sole, vento, onde).

Incentivi per il Green Procurement. Occorre legare l’erogazione di finanziamenti regionali alle amministrazioni pubbliche, all’attuazione dei protocolli inerenti il Green Procurement, ovvero l’uso appropriato di materiali riciclati nell’ambito di attività nell’esercizio pubblico.

Riduzione e riciclo dei rifiuti Quando parliamo di economia circolare, poniamo al centro dell’attenzione la “materia” ed il suo utilizzo massimo, così come ci poniamo il problema della riduzione del consumo delle risorse naturali. In altre parole aderiamo all’idea di tendere ai Rifiuti Zero, consapevoli del fatto che tutti i giorni vengono prodotti rifiuti di vario genere e quindi occorrono impianti che trattino e smaltiscano tali rifiuti e lo facciano dando assoluta priorità al recupero ed al riciclo nel rispetto migliore possibile per l’ambiente.

Quindi, innanzitutto, saranno fondamentali politiche che spingano verso una riduzione progressiva della quantità di rifiuti prodotti e la realizzazione di percorsi virtuosi finalizzati all’ottimizzazione del servizio di raccolta (con l’introduzione il prima possibile della tariffa puntuale in tutti i comuni) e poi al recupero/riciclo effettivo dei materiali , che sarà resa possibile solo investendo su una moderna ed efficiente rete impiantistica. La riduzione dei rifiuti deve coinvolgere sia il settore urbano, permettendo alla popolazione di accedere a prodotti con minor packaging e quindi minor produzione di plastiche e consumo di materia, che industriale, responsabile della produzione di oltre 6 volte i rifiuti urbani. Anche per i rifiuti liquidi, come gli olii usati, occorre mettere a punto un più adeguato e capillare sistema di raccolta in tutti i centri urbani

Inoltre, la gestione dei rifiuti deve essere programmata a livello di area vasta o regionale. La Regione Toscana dovrà adeguare e rivedere la pianificazione Regionale dello smaltimento rifiuti. Tale pianificazione dovrà tener conto di tutte le frazioni dei rifiuti, comprese quelle più critiche, a partire dai rifiuti urbani fino ai rifiuti speciali. Le procedure autorizzative della Regione Toscana già oggi impongono la riduzione degli impatti per ogni soluzione di nuovi impianti in siti già colpiti da effetti negativi sull’ambiente e sulla salute pubblica. Questo deve essere ulteriormente sostenuto da una forte volontà politica di garantire la sostenibilità di qualsiasi scelta, e tali scelte vanno correttamente comunicate e condivise con i territori. Inoltre, i dati gestionali vanno tempestivamente comunicati ed elaborati a livello regionale per essere divulgati nei territori stessi. La trasparenza e la tempestività della diffusione dei dati è fondamentale per una corretta gestione locale dei rapporti fra cittadini, aziende ed amministrazioni.

L’economia circolare prevede il recupero di materia e di energia ed un’analisi dei bilanci ambientali e sanitari che tenga conto non solo di specificità locali ma anche dell’equilibrio dei territori in una visione più ampia che analizzi sempre tutti gli impatti. Nella valutazione dei siti relativi all’impiantistica, occorre evitare che impianti a rischio elevato siano in prossimità di zone densamente abitate, anche se classificate come zone industriali. In particolare, le comunità locali devono essere messe nelle condizioni di valutare i progetti industriali in modo approfondito, e il loro sviluppo dovrà partire innanzitutto dai bisogni del territorio. Inoltre, ogni progetto dovrà garantire un chiaro miglioramento delle condizioni ambientali dell’area su cui impatta.

La soluzione è quella di sviluppare una politica industriale sui rifiuti della Toscana che guardi, nel medio e lungo periodo, al massimo reimpiego di materia ed energia, sviluppando piattaforme ed impianti capaci di non far entrare la materia nel ciclo dei rifiuti e di recuperarla. Occorre pensare fin da subito ad evitare qualsiasi tipo di emergenza rifiuti, investendo quanto prima nella nuova impiantistica che consenta di traghettare la nostra regione verso soluzioni sostenibili.

Implementazione del ciclo dell’acqua Un tema non eludibile sulla questione dell’economia circolare è dato dalla questione del completamento o implementazione del ciclo dell’acqua, la quale dopo gli usi umani ed i processi depurativi viene riversata nei fiumi o in mare. Un ulteriore passaggio può e deve essere attuato, ovvero il riuso delle acque depurate per usi appropriati, al fine di ottimizzare i processi e far fronte ai fabbisogni crescenti. Un ciclo di investimenti e di studi può essere avviato, creando nuovo lavoro, migliore qualità ambientale e nuove opportunità.

Inoltre si deve fare in modo che l’utilizzo pubblico da parte dei cittadini di acqua proveniente dalle fonti di maggiore qualità debba essere prioritario e prevalente rispetto a quello agricolo e industriale. La costa Toscana in particolare vede accanto alla mancanza di acqua soprattutto nelle zone delle colline metallifere, una pressione industriale idroesigente che ha determinato pesanti trasformazioni della costa con l’intrusione del cuneo salino e la riduzione delle fonti con qualità potabile adeguata al punto che tutte le acque per essere utilizzati a scopo potabile lungo la costa devono essere trattate con impianti ad alta tecnologia e con il prelievo di acqua di mare, ad indicare la necessità non procrastinabile di una decisa revisione dei sistemi di consumo.

Riqualificazione energetica ed ambientale delle imprese Utilizzo dei fondi strutturali europei per la riqualificazione energetica e ambientale delle imprese, accompagnato da un’azione di sostegno alla formazione affinché le imprese toscane progettino interventi qualificati.

Agricoltura sostenibile

Occorre incentivare le iniziative di agricoltura sostenibile, che utilizzino tecniche agricole in grado di tutelare l’ambiente, la biodiversità e la naturale capacità di assorbimento dei rifiuti della terra al fine sia di risanare e arricchire l’ambiente che di migliorare l’alimentazione dell’uomo e degli animali. Occorre legiferare sull’uso di pesticidi e fitofarmaci e implementare la costituzione di distretti rurali; mappare e censire la tipicità agro-alimentari. Nell’area costiera del sud della Toscana, in particolare, dove l’agricoltura rappresenta uno dei principali motori economici, una produzione agricola di qualità, favorita anche dalla forte presenza turistica in quei luoghi, potrebbe incrementare la creazione di brand riconoscibili e la possibilità di esportazione ed incrementare l’offerta turistica di elevata qualità eno-gastronomica.

A fine maggio 2020 la Commissione Europea ha pubblicato FARM to FORK (F2F), il Piano decennale per guidare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile. Far to Fork fa parte della pià complessiva proposta legislativa sull’ambiente, l’European Green Deal.

E’ la prima volta che l’UE propone una politica alimentare che coinvolge l’intera filiera alimentare: produzione, distribuzione e consumo.

Nel momento in cui l’UE avvia la propria transizione ecologica si pone l’obiettivo di migliorare gli standard a livello planetario attraverso la cooperazione internazionale e gli accordi con i paesi terzi.

Gli obiettivi principali di tale transizione sono:

  • garantire la produzione alimentare sostenibile;

  • garantire la sicurezza alimentare;

  • favorire una filiera alimentare sostenibile dall’inizio alla fine e anche i servizi accessori, come l’ospitalità e la ristorazione;

  • ridurre gli sprechi alimentare;

  • combattere le frodi alimentari.

Inoltre, fissando obiettivi che incidono anche nella Stretegica per la biodiversità, propone entro il 2030:

  • riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi chimici;

  • ridurre almeno del 20% del fertilizzanti, mantenendo la fertilità del suolo;

  • ridurre del 50% la vendita totale di antimicrobici per gli animali d’allevamento e di antibiotici per l’acquacoltura;

  • trasformare il 25% dei terreni agricoli in superfici destinate all’agricoltura biologica.

Federbio ha proposto di portare la media nazionale di SAU biologica al 40%. Obiettivo realistico per l’Italia e per la Toscana in particolare. Infatti se il 25% della proposta per l’Europa tiene conto della situazione attuale (7/8 %), da studi recenti risulta che la SAU biologica toscana è attualmente al 30%

ECONOMIA REGIONALE E POLITICHE PER IL LAVORO

La Toscana giunge alla crisi sanitaria in corso con un sistema economico già in sofferenza. Il mito della Toscana felix, capace di coniugare crescita e coesione sociale, sviluppo e alta qualità della vita era stato messo in discussione già dalla crisi del 2008 e dai suoi effetti sociali, economici e ambientali, incidendo sul suo assetto produttivo e sociale in modo profondo.

Le risposte a quella crisi hanno privilegiato una ottica di tenuta di breve periodo, portando ad una progressiva erosione della capacità produttiva, indebolendo gli investimenti privati (e per un lungo periodo, a causa del contenimento della spesa pubblica, anche quelli pubblici), il lavoro e contribuendo a rafforzare il peso della rendita (principalmente immobiliare, soprattutto in determinati contesti urbani).

Abbiamo assistito ad una debole ripresa senza occupazione, dove il recupero di competitività è avvenuto riducendo occupati, monte salari e tutele di diritti; si è puntato solo sulla crescita della domanda estera (esportazioni e turismo); abbiamo visto una stagnazione degli investimenti privati.

Oggi, a seguito dell’emergenza sanitaria ancora in corso e a causa degli effetti depressivi che questa avrà sul sistema produttivo regionale, è ancora più urgente impegnarsi per una rinnovata politica di programmazione economica e industriale nella nostra Regione, capace di coniugare sostenibilità ambientale, qualità del lavoro e diritti sociali.

Attenzione alla qualità del lavoro

L’azione della Regione dovrà essere indirizzata a favorire una piena occupazione, garantendo in primo luogo la qualità e la dignità del lavoro. Ciò significa maggiori risorse e controlli per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, contrasto alla precarietà e rispetto dei diritti e delle tutele dei lavoratori negli appalti pubblici, vigilando sul meccanismo dell’assegnazione dei servizi e degli appalti al massimo ribasso e ai subappalti che portano alla compressione dei diritti dei lavoratori.

Le nuove occupazioni: la Regione riveste un ruolo di primaria importanza nel creare le condizioni per catalizzare opportunità di investimento sul territorio. In questo senso gli investimenti dovranno puntare a riorientare l’economia nell’ambito della riconversione ecologica nel senso sopra descritto, che potrà costituire una nuova leva occupazionale qualificata, che accompagni la svolta produttiva legata all’economia circolare, sostenibile ed innovativa. In questo senso, esplorando nuovi ambiti occupazionali, si dovranno riqualificare i profili esistenti affinché non venga perso alcun posto di lavoro, e crearne di nuovi per dare qualità e stabilità alle prestazioni lavorative.

Fondi europei e strategia regionale

I Fondi Europei rappresentano una importante leva economica per il territorio regionale. La forte crisi economica (aggravata dalla pandemia del COvid-19 i cui risultati ultimi in termini di impatto globale sul sistema toscana vedremo nei prossimi mesi) e la costante riduzione degli investimenti pubblici (causata da una politica di tagli lineari ) e degli investimenti privati, hanno dimostrato come sia indispensabile utilizzare in modo corretto le importanti risorse messe a disposizione da questi strumenti.

La nuova programmazione settennale, attualmente in corso di definizione, si apre con una importante novità che rappresenta, al contempo, una grande opportunità per la nostra Regione: la possibilità applicare una completa flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali.

Siamo oggi difronte alla necessità di ricostruire il nostro sistema socio economico, come probabilmente mai dal dopoguerra ad oggi. Regione Toscana, assieme ai Comuni, alle rappresentanze delle categorie economiche e del mondo del lavoro e della società civile, dovrà essere pronta a questa importante sfida definendo una cornice progettuale che permetta di:

  • costruire un quadro complessivo che permetta di indirizzare le risorse economiche su settori strategici per la crescita economica sostenibile e per la tenuta sociale dei territori;

  • rafforzare le procedure di concertazione, coinvolgimento e diffusione così da aumentare la platea delle realtà in grado di utilizzare le risorse economiche;

  • rafforzare le proprie strutture di supporto tecnico e di gestione per garantire una maggior efficacia nella gestione delle procedure e nell’erogazione delle risorse.

L’utilizzo dei fondi strutturali europei nel periodo di programmazione che si sta concludendo ha mostrato proprio nell’ambito della riqualificazione energetica e ambientale delle imprese le maggiori difficoltà di utilizzo. Mentre occorre rafforzare l’impegno di investimenti di fondi europei in questa direzione, è necessario un’azione di sostegno alla formazione della Regione affinché le imprese toscane sappiano progettare interventi adeguati in questo ambito. Per questo la Regione dovrà impegnarsi a creare un hub di formazione agile rivolto ad imprenditori, professionisti, accademici, dirigenti pubblici nel quale favorire formazione specifica, tecnica, multidisciplinare, volto a trasferire/acquisire conoscenze tecniche specifiche, in particolare nel settore della riqualificazione energetica e ambientale delle imprese e della cosiddetta Industria 4.0.

L’hub formativo dovrà coinvolgere realtà diverse (università, imprese, centri di ricerca, istituzioni, professionisti), al fine di favorire, attraverso processi formativi molto agili, la diffusione di conoscenze tecnologiche e tecniche, modelli di gestione, figure professionali nuove, elementi normativi specifici al fine di promuovere il formarsi di una domanda qualificata da parte delle imprese e una adeguata capacità delle istituzioni di tradurre le istanze emerse in efficaci strumenti di intervento che possano sostenere le imprese e la formazione delle competenze più richieste.

Riqualificare i Centri per l’impiego I Centri per l’Impiego hanno moltissime incombenze come registrare e trasmettere ogni ora di lavoro effettuata da una persona all’Inps e all’Inail, seguire i ragazzi in obbligo formativo, attivare tirocini e apprendistato, il reddito di cittadinanza, l’inserimento al lavoro dei disabili ed infine costituiscono il punto di accesso al sistema regionale delle politiche attive per il lavoro. Favoriscono sul territorio l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, tra le persone in cerca di occupazione che necessitano di un sostegno nella scelta di un percorso formativo e/o lavorativo e le imprese che cercano personale. Sono quindi tipici strumenti delle politiche attive del lavoro diretti a favorire l’occupazione e non a coprire i vuoti delle politiche sociali. Una loro riqualificazione con le necessarie riforme è la strada più promettente e rapida per centrare gli obiettivi di una piena occupazione.

Occorre quindi riportarli alla loro funzione originaria, migliorando il meccanismo dell’incontro tra domanda ed offerta, potenziandoli con personale idoneo e dotandoli di strumenti adeguati (reti, banche dati, elenchi, ecc.). Occorre inoltre favorire momenti di conoscenza dei Centri per l’Impiego, con la collaborazione dei Comuni, che attraverso gli uffici per le politiche sociali e le scuole ne promuovano le attività e la conoscenza per facilitare il primo accesso.

Occorre infine valorizzare le risorse professionali che lavorano presso i Centri per l’Impiego e aggiornarne/adattarne le competenze per rispondere alle necessità dell’attuale realtà del panorama lavorativo in regione.

Il recupero/rigenerazione d’ impresa (Workers by out). Di fronte alle difficoltà in cui sempre più di frequente si trovano le imprese, a causa dell’onda lunga della crisi globale o per cause intrinseche all’azienda stessa, una delle risposte possibili è quella del recupero d’impresa (o Workers BuyOut). I dipendenti si associano, spesso in forma cooperativa, per rilevare le quote societarie, s’intestano la gestione dell’azienda e, salvando l’azienda, salvano il proprio posto di lavoro rilanciando l’impresa. Altrettanto importante, soprattutto in Toscana, è il fenomeno della rigenerazione d’impresa, cioè quel recupero di imprese nelle quali viene meno il fondatore per ragioni di anzianità e non vi sono eredi o comunque non sono interessati a mantenere la continuità produttiva. La Regione Toscana, d’intesa coi Comuni, potrebbe costruire una task force che aiuti in vario modo il processo di recupero o rigenerazione di un’impresa, assistendo con le proprie competenze interne i lavoratori che intendano costituirsi in cooperativa, interloquendo con i vari attori coinvolti. L’attività della task force può dispiegarsi dal supporto ai lavoratori per la predisposizione del piano industriale alla formazione delle nuove figure “imprenditoriali”, dalla facilitazione dei rapporti fra commissario liquidatore, giustizia, parti sociali e lavoratori, al rapporto con il credito.

Aree interne. Non c’è sviluppo complessivo nella nostra Regione senza lo sviluppo delle Aree interne.

Le aree interne sono quelle aree che, pur avendo forti potenzialità di sviluppo, si caratterizzano per la lontananza dai centri che offrono servizi di base (scuola, salute, mobilità) e che sono interessate da fenomeni di declino demografico. In queste aree si presenta una opportunità irrinunciabile di protagonismo sociale per rafforzare le reti sociali e far emergere il potenziale economico di questi territori. L’obiettivo finale è quello di contrastare ed invertire i fenomeni di invecchiamento e spopolamento in queste aree, il degrado del capitale culturale e paesaggistico. Per raggiungere tali obiettivi sarà necessario:

  • Promuovere lo sviluppo: attraverso progetti finanziati dai diversi fondi europei, con una progettualità che consenta una ottimale gestione di tali fondi rispondendo direttamente alle esigenze dei singoli territori attraverso il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse presenti in ciascun territorio;

  • Garantire servizi essenziali: accesso ai servizi sanitari, all’istruzione, mobilità facilitata, accesso alla rete;

  • Sostenere le attività agricole: attraverso “Indennità compensative in zone montane” per gli svantaggi ai quali è soggetta l’attività agricola in tali zone;

  • Manutenere il territorio e contrastare il dissesto idrogeologico ovvero garantire l’equilibrio idrogeologico attraverso interventi di miglioramento della rete idrica in gestione ai Consorzi di Bonifica, e garantire l’equilibrio forestale attraverso un piano di prevenzione degli incendi;

  • Equilibrio faunistico intendere la fauna come risorsa assicurando una gestione faunistica coerente con il contesto ambientale e agricolo di riferimento;

  • Recupero dei borghi: sostegno, anche sulla scorta delle esperienze già in essere, delle cooperative di comunità (di borgo o di quartiere) per il recupero e riqualificazione edilizia, per la promozione di servizi ludico-ricreativi nonché di piccole attività commerciali di servizio ai residenti.

Il turismo

Nelle note economiche elaborate in primavera dall’Irpet per studiare l’impatto del Covid 19 sul turismo in Toscana, il crollo delle presenza dovrebbe attestarsi tra un -38% (nell’ipotesi più favorevole di lockdown contenuto) a un – 67% (nell’ipotesi di un lockdown prolungato).

Sono numeri considerevoli, anche in senso assoluto, dal momento che nel 2018 le presenze erano state più di 48 milioni, con una crescita da anni sostenuta in particolar modo nelle città d’arte, prima tra tutte Firenze.

La definzione di una politica per il turismo in Toscana ha avuto fasi alterne e una difficoltà stabile nell’individuare gli obiettivi e le forme dell’intervento pubblico regionale in questo ambito, anche, ma non solo, a causa di una normativa nazionale che contribuisce a frammentare compenteze e a sottovalutare l’importanza di una cabina di regia sovracomunale sul tema.

Finanziamenti alle imprese, promozione sui mercati internazionali, investimenti e produzioni in ambito culturale, infrastrutture sono elementi che concorrono, spesso in modo non coordinato, alla creazione, al supporto o all’indebolimento di una destinazione turistica.

Affinché il turismo possa contribuire allo sviluppo equilibrato e sostenibile, portatore di benessere per la comunità è necessario superare questa frammentazione e immaginare le politiche per il turismo come politiche di promozione dello sviluppo locale nel senso più ampio del termine.

Solo così potremo superare la logica della massimizzazione dello sfruttamento e del consumo delle nostre città a favore dell’industria turistica, per individuare in che modo la presenza di una domanda di servizi e prodotti che proviene da fuori possa contribuire allo sviluppo locale nel suo insieme.

Il settore merita un’attenzione specifica e il riconoscimento esplicito, soprattutto in alcune realtà, dello stato di crisi. Ma la ricostruzione dell’intero settore e delle sue prospettive di sviluppo devono ripartire dalla valorizzazione delle produzioni locali, dei territori e dai bisogni delle popolazioni che li abitano.

Il commercio

Il commercio nelle nostre città deve rappresentare:

  • un sostegno strategico all’economia della città, dei proprietari e delle famiglie.

  • un commercio equo che garantisca a tutti, dal produttore ai dipendenti del punto di distribuzione, un prezzo giusto assicurando la tutela del territorio.

  • un servizio di qualità che faccia trovare alla cittadinanza offerte adeguate nei negozi di vicinato ed in negozi specializzati in grado di offrire un diverso target rispetto alla grande distribuzione.

La valorizzazione del commercio cittadino si può raggiungere solo con:

  • Servizio di parcheggi a prezzi adeguati o gratuiti

  • Servizi navetta di trasporto a calibrare in funzione di stagionalità e specifici giorni settimanali.

  • Iniziative di quartiere (manifestazioni, eventi…) coordinate su tutta la città.

  • Sviluppo dei servizi di e-commerce e di consegna a domicilio, un servizio che potrebbe creare nuovi posti di lavoro.

  • Coordinamento con organizzazioni di promozione del turismo commerciale, ristorazione, street food.

  • Decoro urbano (cura dell’asfalto, pulizia, ritiro dei rifiuti funzionale ai servizi offerti zona per zona).

  • Accessibilità ben studiata per tutte le categorie, compresi i disabili, nelle aree a maggiore vocazione commerciale dei quartieri

Fattori determinanti devono essere la capacità sinergica forte che parta dall’amministrazione per creare un collegamento permanente tra pubblico, organizzazioni di categoria ed imprenditori privati per rendere possibile una gestione d’insieme delle funzioni di pianificazione, articolazione dell’offerta, fornitura dei servizi comuni, ecc.

Pensiamo alla realizzazione di uno studio di marketing territoriale da promuovere nelle città principali che aderiscano in questo a specifici protocolli, finalizzato alla redazione di un piano strategico per il rilancio dei centro storico e dei centri commerciali naturali, anche attraverso un coordinamento permanente e strutturato con momenti formativi specifici.

Con un piano della mobilità puntuale.

I mezzi pubblici devono arrivare in prossimità delle aree mercatali per dare un servizio di trasporto adeguato in grado di concorrere con i grandi centri commerciali senza entrare in conflitto con le esigenze residenziali delle aree urbane.

Con sgravi fiscali, semplificazione amministrativa, bandi di finanziamento, investimenti pubblici di riqualificazione.

Messa a disposizione di un ufficio dedicato alla valorizzazione del centro urbano per aiutare e facilitare le pratiche amministrative e per creare un collegamento costante per la promozione delle iniziative di valorizzazione ma anche per informare su possibili finanziamenti e sgravi fiscali.

I GIOVANI

Le politiche giovanili, già sviluppate nelle precedenti legislature con il Progetto Giovanisì, devono trovare una loro collocazione nell’ambito delle strategie di sviluppo economico regionale, perché la disoccupazione giovanile è un danno per la collettività regionale, ma soprattutto l’inattività, la mancata valorizzazione delle capacità, delle competenze acquisite, dello sguardo di lungo periodo e finanche dell’entusiasmo di contribuire alla collettività attraverso la realizzazione di sé da parte di tanti giovani che vivono in Toscana, sono un costo sociale ed economico che il nostro sistema non può permettersi. La Toscana ha bisogno delle sue menti e delle sue braccia più giovani e vitali. Trovare una prospettiva per il loro pieno impiego deve essere una priorità strategica trasversale a tutti i settori.

Il progetto regionale per l’autonomia dei giovani, Giovani Sì, è la base da cui partire per proseguire il lavoro di sostegno alle giovani generazioni, che li aiuti a raggiungere l’autonomia verso la realizzazione di sé. In particolare, occorre lavorare per fare in modo che le opportunità siano accessibili a tutti, in una società che è sempre meno comunità e sempre più individualista.

Educatori per i giovani (Youth workers). Per alcuni giovani, quelli più fragili, non basta predisporre misure di accesso ai percorsi offerti dalle pubbliche amministrazioni o dai privati, i canali informativi tradizionali non sono sufficienti. Per questa fascia di giovani occorre impiegare figure professionali formate, gli youth workers, che li possano accompagnare nel raccordo con le istituzioni, con le aziende o il mondo della formazione, verso l’uscita dalla propria condizione di fragilità che si potrebbe presto trasformare in esclusione sociale. Queste azioni devono però essere inserite all’interno di un sistema di rete che crei continuità nella filiera degli interventi, con il massimo coinvolgimento degli Enti Locali, primi conoscitori di ricchezze e fragilità dei propri territori.

Sostegno ai giovani agricoltori. Occorre costruire percorsi formativi per far sì che i giovani imprenditori agricoli siano in grado di prendere decisioni strategiche a beneficio della propria azienda. Con la regia della Regione si potrebbe:

– favorire il consumo di produzioni a Km 0, per ridurre l’impatto dei trasporti e valorizzare le produzioni locali e tipiche, anche attraverso percorsi specifici con le mense scolastiche, aziendali e la rete dei GAS (gruppi di acquisto solidali);

– realizzare una piattaforma alla quale abbiano accesso sia le aziende agricole che gli acquirenti europei, con lo scopo di favorire lo sviluppo e l’esportazione di prodotti anche per le piccole aziende che spesso hanno difficoltà ad accedere ai mercati internazionali.

Giovani imprenditori. La regione si deve adoperare per favorire l’incontro tra giovani, investitori e realtà imprenditoriali. Offrire ai giovani che vogliono fare impresa e che propongono progetti innovativi e creativi, un feedback utile a valutare la fattibilità della loro idea, aumentando la possibilità di trovare finanziamenti alle loro proposte con risorse pubbliche o private. Occorre inoltre lavorare sulla “staffetta generazionale”, creando misure per facilitare la trasmissione d’impresa (che sia o no a livello familiare), agevolando l’incontro tra aziende che hanno bisogno di rinnovarsi e giovani che vorrebbero rilevare o prendere in eredità queste imprese.

BENI COMUNI

L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando ha mostrato chiaramente come esista una dimensione collettiva indispensabile alla salute e al benessere di tutti e tutte.

Nei mesi del lockdown si è rafforzata la consapevolezza della necessità di disporre di istituzioni efficienti che sappiano garantire cure mediche, un’organizzazione territoriale dei servizi sanitari e il soddisfacimento di bisogni primari. Abbiamo capito però che altrettanto importante è l’attivazione di ciascuno di noi affinché la propria salute e quella degli altri venisse preservata e affinché, attraverso l’aiuto reciproco all’interno delle comunità, la qualità della vita di tutti e tutte fosse la migliore possibile, anche in condizioni di grave disagio. Il volontariato, le reti di solidarietà, le relazioni di vicinato hanno dato un grandissimo contributo in questo senso e hanno rafforzato la capacità di azione delle istituzioni locali e nazionali.

Questo deve insegnarci che esiste una dimensione collettiva della cura dei beni comuni, dalla salute, delle nostre città, del condominio, degli spazi pubblici condivisi, fino ad arrivare alle risorse naturali e all’ambiente in senso lato, che dobbiamo riscoprire, promuovere e valorizzare, come individui e come comunità, in collaborazione con le istituzioni, che devono sapersi riorganizzare e aprirsi per valorizzare questi contributi.

L’approvazione, in chiusura di legislatura, della legge regionale sui beni comuni è stato un atto politico importante, che riconosce i beni comuni quali “i beni intesi quali beni materiali, immateriali e digitali, che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, al benessere individuale e collettivo, alla coesione sociale e alla vita delle generazioni future, per i quali i cittadini si attivano per garantirne e migliorarne la fruizione collettiva e condividere con l’amministrazione la responsabilità della loro cura, gestione condivisa o rigenerazione” (LR 42/2020 art. 2).

La legge rappresenta un quadro normativo dalle grandissime potenzialità, da riprendere immediatamente nella nuova legislatura per costruire una rete di relazioni e di competenze, dai livelli territoriali a quelli regionali, in grado di supportare concretamente la diffusione di pratiche di gestione condivisa di beni comuni, superando rigidità culturali, preconcetti e difficoltà pratiche che spesso inibiscono lo sviluppo di pratiche collaborative e partecipative per la gestione condivisa dei beni comuni.

RIGENERAZIONE URBANA

Una politica rivolta alla rigenerazione urbana costituisce ormai una priorità inderogabile a cui dare particolare attenzione per l’emergere di una nuova “questione urbana”, che vede le città trasformate a merce e soggette alla rendita e al consumo. Abbiamo costruito troppo e male, bisogna partire da questo grande disordine urbanistico per pensare e riprogettare le nostre periferie, bisogna prima di tutto umanizzarle, realizzando luoghi e spazi comuni che favoriscano la ricostruzione di reti relazionali, la convivenza e la convivialità per contrastare questa preoccupante crisi di civiltà, caratterizzata da miseria culturale e solitudine. A questo stato di cose ha negli ultimi anni contribuito anche la contrazione della spesa pubblica che ha impoverito le città del welfare e innestato fenomeni di degrado sia fisico che sociale. La carenza di risorse, in particolare nelle periferie, ha penalizzato oltre che gli spazi di aggregazione, anche la sicurezza e il decoro. Sottrarre la città alla rendita per riconvertirla in principale risorsa produttiva e di qualità sociale, in un rapporto riconciliato con l’ambiente, costituisce uno dei temi del neoumanesimo di cui si sente urgente bisogno. Cos’è la “Toscana” se non l’espressione di quelle relazioni urbane e territoriali che l’hanno contraddistinte nei secoli? La sfida che oggi abbiamo davanti è quella di riprogettare e riqualificare lo spazio urbano, con un progetto ecologico che rimetta al centro l’uomo, il suo bisogno di relazionarsi con gli altri, la qualità della vita sociale, la sua continuità con la storia, le tradizioni, il paesaggio. Di seguito le iniziative che in tal senso potrebbero essere intraprese:

Stop ai grandi centri commerciali La prima è data dal porre un limite alla nascita dei grandi centri commerciali, “non luoghi” consumistici con costi sociali elevati, per favorire una piccola e media distribuzione inserita nei contesti urbani, in grado di mitigare le rendite e riavviare un sistema di relazioni sociali per la rigenerazione del tessuto sociale urbano.

Riforestazione urbana Politiche di riforestazione urbana e politiche del verde attrezzato per consentire non solo le attività ricreative ma anche la mitigazione delle isole di calore proprie della città contemporanea e favorire la produzione d’ossigeno al posto dello smog, specie nei siti soggetti ad inversione termica. L’obiettivo è quello di piantare almeno 1 milione di alberi in tutta la Regione.

Consumo di suolo Zero Un’ulteriore iniziativa a sostegno di processi di rigenerazione urbana sarà data dalla ricognizione di tutti gli immobili pubblici dismessi o sottoutilizzati per promuoverli a nuova vita per usi socialmente appropriati. Impegno a sostenere un programma di incremento del patrimonio residenziale pubblico, in particolare derivante dalla riqualificazione e dal recupero del patrimonio esistente, tanto nelle aree urbane quanto nei borghi e nelle aree interne della regione, al fine di rendere il diritto all’ abitazione, contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art.25) e nella Costituzione italiana (art.47), una realtà per un maggior numero di residenti in Toscana. Destinare le dismissioni di edifici demaniali pubblici ad incrementare il parco alloggi di edilizia popolare e sociale, a canone sociale e agevolato

DIRITTO ALLA CASA

La casa è un diritto primario per ogni persona, è lo spazio fisico e simbolico che definisce l’identità e sancisce l’appartenenza ad una comunità sociale. La casa è vita, sicurezza, intimità, è contenitore di affetti. Abitare è prerequisito di ogni altro diritto di cittadinanza, è il fondamento sul quale edificare una politica di integrazione e coesione sociale.

Sempre più, invece, la casa è diventata bene rifugio, opportunità di investimento redditizio, strumento per fare profitti, senza pensare alla qualità dell’edificio, alla sua efficienza energetica, al suo inserimento nel contesto urbano. Un tratto distintivo e qualificante di una nuova sinistra quindi, dovrà essere quello di avviare una grande azione culturale e politica per affermare una nuova cultura dell’abitare che sappia legare inscindibilmente insieme la qualità dell’edificio, l’efficienza energetica e l’assenza di barriere architettoniche, con il diritto e la qualità sociale dell’abitare. In Toscana vi sono oltre un milione di case, la maggior parte delle quali costruite decenni fa e dunque prive di criteri antisismici e di qualità edilizia adeguata che devono essere riadattate. Il tema edilizio deve in tale quadro essere affrontato con decisione anche in funzione degli obbiettivi energetici europei.

La Regione Toscana dovrà impegnarsi:

  • a sostenere un programma di incremento della dotazione del patrimonio residenziale pubblico, in particolare derivante dalla riqualificazione e dal recupero del patrimonio esistente, tanto nelle aree urbane quanto nei borghi e nelle aree interne della regione, al fine di rendere il diritto alla abitazione, contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art.25) e nella Costituzione italiana (art.47), una realtà per un maggior numero di residenti in Toscana.

  • a destinare le dismissioni di edifici demaniali pubblici ad incrementare il parco alloggi di edilizia popolare e sociale, a canone sociale e agevolato;

  • ad effettuare un coordinamento normativo tra legislazione regionale e strumenti urbanistici comunali per arrivare ad una definizione univoca tra residenza abitativa permanente e altre forme di residenzialità (B&B, locazioni brevi, studentati);

  • a realizzazione una piattaforma per la promozione (a titolo non oneroso) delle attività di locazione, coabitazione, ricezione turistica presenti nei Comuni toscani, individuabili tramite mappa geo-referenziata, al fine di promuovere la trasparenza nel settore, far emergere il nero e promuovere un rapporto equilibrato tra residenza abitativa stabile e temporanea;

  • a studiare, attraverso la normativa urbanistica, le forme per impedire il cambio di destinazione d’uso dei fabbricati a fini speculativi, a danno della residenza.

LE INFRASTRUTTURE

La mobilità delle persone e delle merci è sempre più al centro degli interessi della politica e della società: tutti vorrebbero (dovrebbero) potersi spostare rapidamente e frequentemente in maniera sostenibile dal punto di vista ambientale. La sensibilità comune rispetto alla “mobilità sostenibile” è ormai al centro di ogni scelta quotidiana, e la questione richiede un’attenta opera di pianificazione di sistema, che individui chiaramente in fase di progettazione delle infrastrutture la valorizzazione dei territori, tenendo conto delle implicazioni legate all’ambiente, alla sicurezza e all’utilizzo del territorio.

Mobilità sostenibile

Occorre diminuire l’impatto del trasporto su gomma investendo fortemente sullo sviluppo della rete ferroviaria, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture particolarmente carenti dell’area costiera, e puntare alla riduzione delle emissioni attraverso nuovi servizi di trasporto e sistemi di micro-mobilità. Strategica la realizzazione della ciclovia Tirrenica e l’incentivazione alla mobilità integrata. Occorre ripensare la mobilità urbana che incentivi l’utilizzo di mezzi alternativi all’auto privata attraverso la costruzione di reti ciclabili continue che colleghino le aree periferiche con il centro, l’implementazione della mobilità elettrica, l’efficientamento del TPL e l’ampliamento delle zone a traffico limitato anche per valorizzare i centri storici e rilanciare il turismo e il commercio.

La rete ferroviaria. La Regione Toscana deve continuare ad essere al centro del processo di rinnovamento delle infrastrutture ferroviarie, sia per quanto riguarda gli assi di media e lunga percorrenza sia di riordino del sistema ferroviario regionale. Il rafforzamento del ruolo dei sistemi di trasporto ferroviari, sia merci che passeggeri, deve costituire uno degli obiettivi principali del documento di programmazione territoriale regionale (PRIM), teso a favorire la politica dei trasporti, lo sviluppo territoriale, la sostenibilità ambientale. Obiettivo politico deve essere il coinvolgimento di tutti gli Enti Locali e di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) affinché il riassetto ferroviario sia accompagnato dal riassetto urbanistico e territoriale, centrando più efficacemente il rapporto fra politica urbanistica e quella della mobilità. Il ragionamento da seguire quindi, non può basarsi solo sulla dotazione infrastrutturale e sull’ammodernamento, ma deve puntare anche alla “governance” del sistema ferroviario in Toscana.

Le infrastrutture di carattere ferroviario e tranviario, se adeguatamente intrecciate a quelle viarie e autostradali, possono risultare strategiche per lo sviluppo della Regione Toscana e in particolare delle sue Aree Interne. Un ragionamento specifico va dedicato all’uso degli scali merci ferroviari, territorialmente presenti, e alla piena fruibilità dei raccordi ferroviari nelle unità produttive per compiere una scelta chiara, funzionale, sicura, sostenibile sia sul piano economico che ambientale.

Gli aeroporti. Crediamo che l’ampliamento dell’Aeroporto di Firenze non sia necessario e che, al contrario, sia un progetto dannoso ed incompatibile con il nostro territorio, che andrebbe a detrimento del Parco della Piana, mettendosi anche in forte contraddizione con la sfida del cambiamento climatico. Le esigenze di traffico internazionale della nostra Regione possono essere risolte espandendo e rafforzando l’Aeroporto Galilei di Pisa, investendo anche nella ferrovia in modo da poter velocizzare il collegamento Firenze- Pisa.

I porti

I porti e la logistica rappresentano sicuramente i settori con maggiori potenzialità, ma vanno sciolti alcuni nodi fondamentali fortemente collegati tra loro: adeguamento delle infrastrutture portuali e retroportuali, intermodalità e potenziamento del trasporto merci su ferro, innovazione tecnologica e semplificazione, sicurezza e formazione.

Il ragionamento è generale, ma la questione si pone con una certa urgenza per il sistema portuale della provincia di Livorno (in particolare Livorno e Piombino) e quindi della Toscana costiera. Siamo giunti a un bivio: o affrontiamo e risolviamo le priorità velocemente o la crisi economica delle province costiere si aggraverà. La Toscana non può permettersi che uno scalo portuale come quello di Livorno non si trasformi nel giro di pochi anni in un porto secondario. Si inserisce in questo contesto la necessità di avere maggiore chiarezza sul percorso che dovrà seguire la Darsena Europa.

Le priorità del futuro governo della Regione relativamente a questi temi dovranno essere le seguenti:

  • completare il sistema infrastrutturale nell’ottica dello sviluppo della Piattaforma Logistica Costiera, realizzando anche i collegamenti ferroviari con il sistema AV/AC e la TIBRE per intercettare il Corridoio 1 (Berlino – Palermo):

  • completare le procedure amministrative per la progettazione e la realizzazione della Piattaforma Europa, e individuando finalmente il soggetto privato attraverso lo strumento del Project financing, e per questo, sbloccare urgentemente e terminare la realizzazione del microtunnel all’ingresso del porto di Livorno garantire la realizzazione delle nuove strutture di connessione con le banchine.

  • potenziare i collegamenti ferroviari dai porti con il Sistema AV/AC;

  • integrare il Porto di Livorno con quello di Piombino (si ricorda che i due Porti hanno un’unica Autorità Portuale di sistema), sia con il completamento dell’Autostrada Tirrenica (compresa la realizzazione del Lotto 0, senza escludere alternative temporanee e/o definitive, come la contrattazione con SAT della tariffa autostradale del tratto Collesalvetti – Rosignano) che con il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria;

  • completare il potenziamento dei retroporti e delle connessioni intermodali con il resto del territorio, in una logica di sviluppo complessivo della piattaforma logistica integrata (vedi realizzazione collegamento diretto ferroviario porto-interporto di Livorno e linea diretta con Firenze);

  • sviluppare nuove strategie commerciali e di collaborazione (sia nel campo dell’innovazione che in quello della formazione) con i Paesi emergenti del sud del Mediterraneo e del Far East;

  • sviluppare e migliorare le politiche e le strategie legate al crocierismo e al trasporto passeggeri da e per le isole;

  • continuare i progetti di semplificazione doganale e di miglioramento delle performance della catena logistica attraverso l’innovazione tecnologica;

  • sviluppare una nuova classe dirigente e nuove professioni attraverso il potenziamento del Polo interuniversitario dei Sistemi Logistici e di appositi percorsi formativi.

  • potenziare l’infrastruttura ferroviaria costiera e migliorare i servizi ai passeggeri sull’asse nord – sud (rinnovo dei treni, aumento delle corse AV).

Le infrastrutture digitali. La fibra e la banda ultra-larga devono essere diffuse su tutto il territorio. E’ necessario rendere effettivo il diritto di accesso alla rete per tutti i cittadini e per le aree rurali della Toscana. Occorre completare la realizzazione di questa essenziale infrastruttura che registra un ingiustificabile ritardo nonostante il progetto “Banda Larga nelle Aree rurali della Toscana” varato dalla Regione nel 2006.

Soprattutto nell’ultimo anno, caratterizzato da grandi difficoltà, si è evidenziata più che mai la necessità ed il diritto ad una connessione veloce diffusa, che possa permettere logiche di smartworking e la didattica su internet. Servono investimenti pubblici per invogliare gli operatori economici ad investire in modo da avere una copertura completa e diffusa.

POLITICHE CULTURALI

La Regione Toscana si è sempre distinta, anche in quest’ultimo decennio di crisi per un convinto investimento in ambito culturale, riconoscendo due grandi punti di forza del sistema culturale regionale: le sue grandi eccellenze in termini di patrimonio e professionalità artistiche e la ampia diffusione degli istituti culturali sul territorio.

Musei, biblioteche, archivi, teatri, cinema insieme alla fitta rete dell’associazionismo, delle fondazioni e delle imprese culturali rappresentano un patrimonio di altissimo valore e uno dei pilastri per la costruzione di una comunità vivace e inclusiva.

Dobbiamo ammettere, tuttavia, che anche nella nostra Regione l’emergenza sanitaria ha reso evidente un quadro preoccupante per la tenuta del sistema. E’ emerso chiaramente quanto il lavoro in ambito culturale sia spesso sinonimo di precariato, di scarse tutele e garanzie, sia nella sfera dei diritti sia per le remunerazioni prevalenti. Questo vale in particolare per il comprato dei lavoratori dello spettacolo dal vivo che, in epoca Covid, è stato il primo a fermarsi e l’ultimo che potrà riprendere la propria attività a pieno regime, con migliaia di artisti e maestranze tecniche rimasti senza lavoro per mesi e tutt’ora sottoutilizzati per ovvi motivi. Per questo, la nuova amministrazione regionale dovrà maggiormente impegnarsi nel sostegno, valorizzazione e tutela del settore, anche mettendo a regime nuovi modelli e pratiche esperiti durante la crisi Covid e funzionali alla ripresa e al rilancio del settore. La qualità della cultura toscana deve potersi fondare su una più elevata qualità del lavoro culturale in Toscana. Abbiamo inoltre preso consapevolezza di una tendenza da anni in atto, cioè quella della riduzione delle principali istituzioni culturali del territorio a meri attrattori di turisti e consumatori, con effetti deleteri per la qualità della vita delle principali città turistiche (si pensi a Firenze) tanto in un momento di boom turistico, quanto adesso davanti alla sua fortissima diminuzione, ma anche per la qualità dell’offerta culturale.

Una cultura di qualità, per quanto aperta e inclusiva, deve avere tra i suoi principali obiettivi la più ampia accessibilità, lo stretto legame con il territorio, con le scuole, con il mondo dell’associazionismo.

Qualità del lavoro, qualità dell’offerta e costruzione di reti di diffusione, scambio e promozione dell’offerta culturale per tutti i cittadini e le cittadine regionali, a prezzi accessibili, devono rappresentare un obiettivo primario del nuovo governo toscano.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta a proseguire nello storico impegno della Regione Toscana sui temi dell’antifascismo, dell’antirazzismo, della memoria e della legalità, quali colonne portanti della costruzione della comunità civica toscana.

POLITICHE DI GENERE

Dalla differenza delle donne una nuova civiltà: libertà e cura del vivere.

L’esperienza comune femminile ci parla di cura della vita, di reciproco aiuto tra generazioni, di costante lotta per libertà e diritti sociali per affermare relazioni umane più libere e responsabili affrancate da violenza e umiliazioni. E’ il significato essenziale delle battaglie del movimento politico delle donne. La dialettica con esso ha segnato ciò che ha reso peculiare la società e il Governo della Toscana: la diffusa cultura di sinistra, progressista e democratica. Oggi la questione che si pone è potenziare e rigenerare, alla luce del protagonismo delle nuove generazioni di donne, la ricchezza delle conquiste ottenute: la rete di servizi per garantire più autonomia delle donne a partire dalla lotta contro la violenza maschile, il rispetto della libertà di scelta su sessualità e maternità, la tutela della salute riproduttiva, il contrasto ad ogni tipo di discriminazione. Noi difendiamo tenacemente i traguardi raggiunti e sosteniamo i passi che sono ancora da fare di fronte alle nuove contraddizioni.

Ancora una volta, nella difficile fase della diffusione del Coronavirus, l’esperienza femminile si è mostrata fondamentale negli ospedali, nei supermercati, nelle abitazioni divenute anche luoghi di lavoro e di istruzione. In quel momento di esacerbazione di insicurezza, povertà, emarginazione degli anziani, disuguaglianze, discriminazioni, le donne hanno corrisposto con sapienza, creatività e tanta fatica ai molteplici bisogni: il lavoro fuori e dentro casa, la salute, l’istruzione, l’accudimento, l’aggiornamento tecnologico, la cura degli ambienti domestici e tanto altro. Hanno svolto un ruolo centrale che ha dimostrato tutta l’urgente necessità di un ribaltamento delle priorità dell’agenda economica e sociale: alla cura delle persone va riconosciuto il valore sociale, culturale ed economico ovvero, quell’attività così vitale ma oggi invisibile, deve diventare la base di un nuovo paradigma dello sviluppo.

Un più alto tasso di occupazione delle donne diventa un obiettivo credibile se si risponde contemporaneamente alla domanda “chi si occupa del lavoro di cura”. Serve una poderosa discontinuità, anche in Toscana con le politiche economiche che dopo aver impoverito il welfare con i tagli indiscriminati e le sirene privatistiche, vorrebbe continuare a sostituirlo con l’erogazione gratuita di prestazioni femminili. C’è una seria minaccia che la crisi in atto diventi un enorme passo indietro per i lavori, il reddito, le pensioni, i servizi sociali, la salute psicofisica delle donne. Ci sono già i segni, anche in Toscana. Sarebbe un affronto alla soggettività delle donne le quali, malgrado gli ostacoli, vogliono essere indipendenti, autonome e non rinunciare alla cura della vita perché ne conoscono bene il valore e perché è il loro modo differente di stare al mondo. Più ricco.

Si tratta di riconoscere le molteplici pratiche per il buon vivere altrui di cui le donne, oggi, sono più capaci, ma che, se socializzate e riequilibrate tra i sessi, potranno forgiare nuovi servizi, nuove forme di organizzazione del lavoro e perfino nuovi modelli culturali. E’ la chiave con cui creare nuovi buoni lavori e soprattutto modi di lavorare in cui bisogni, libertà, progettualità, diritti, risultati, verifiche, benessere vadano di pari passo. Mai come oggi le donne sono in prima linea per un salto di civiltà generale in cui, produzione e riproduzione, lavori e vita siano ripensati in connessione e non in alternativa, in cui la cura è redistribuita tra i sessi e non uno scontato compito femminile che il primato della produzione ha svalorizzato. La bussola delle nostre politiche è puntata sulla promozione dell’autonomia economica femminile, sul rispetto dell’autodeterminazione delle scelte di maternità e sessualità contro ogni forma di violenza degli uomini.

Sono scelte di valori che non riguardano solo le donne, ma aprono la strada di un inedito benessere collettivo come quello che si trarrebbe da uno sviluppo che oltre alla digitalizzazione e all’economia verde, punti a infrastrutture sociali volte alla salute collettiva, all’istruzione, alla cultura, al turismo di qualità.

Oggi la migliore Europa ci offre una messe impensata di risorse a cui la Toscana, nelle sue prerogative, deve saper attingere con competenza, celerità, concretezza e giustizia. Almeno la metà di esse devono servire per l’occupazione e la promozione dei diritti delle donne. A questo proposito va congegnata una valutazione dell’impatto di genere e la predisposizione del bilancio di genere per tutti i fondi; va realizzato un “Care Deal” per lo sviluppo di servizi che consentano a tutti i genitori di mantenere un lavoro retribuito e un sano equilibrio di vita; va praticato l’uso di statistiche disaggregate per genere sul lavoro non retribuito e retribuito come base per un nuovo calcolo del PIL; vanno obbligate le aziende che ricevono aiuti o sovvenzioni di documentare che questi fondi vanno a beneficio dei dipendenti di tutti i generi in egual misura.

Affinché la ripresa e la ricostruzione della Toscana siano orientate sulla promozione dei diritti e dell’autonomia di vita delle donne serve un nuovo rapporto tra donne e Regione. Da una parte è imprescindibile la volontà di valorizzare a tutti i livelli dell’apporto delle donne, consapevoli che, a questo proposito, tra dire e fare c’è ancora uno scarto da superare. Dall’altra è auspicabile l’apertura di una fase di partecipazione deliberante in cui coinvolgere il ricco mondo femminile delle associazioni, dei sindacati, del volontariato, delle istituzioni culturali.

Noi vogliamo unire questi due aspetti: ci impegnano a sostenere l’elezione e la nomina di più donne in Regione e dall’altra abbiano a cuore il legame da realizzare costante con le donne che pensano e agiscano in tutti i gangli della società.

E’ solo da questo legame che nasce una buona politica delle donne, quella che cambia in meglio la vita di tutti e tutte.

DIRITTI CIVILI

Nel 2004 la Regione Toscana fu pioniera nell’approvare la Legge Regionale n. 63 Legge regionale 15 novembre 2004, n. 63 Norme contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, con la quale si riconosceva il diritto di ogni persona all’autordeterminazione in ordine all’orientamento sessuale e l’identità di genere, promuovendo iniziative volte a contrastare eventuali discriminazioni.

A sedici anni dalla sua approvazione, sarebbe opportuno verificare i risultati conseguiti dalla legge indicata e rilanciare alcuni ambiziosi obiettivi in relazione ai diritti delle persone LGBTI che, ponendosi in continuità con i principi sanciti dalla Legge del 2004, consentano di intervenire su alcune priorità quali:

– attivazione effettiva di una Consulta che coinvolga le associazioni e le organizzazioni maggiormente attive sul riconoscimento e la tutela dei diritti civili;

– il potenziamento, anche attraverso l’attività dei Consultori, di un livello territoriale di ascolto e accompagnamento in materia di educazione, orientamento sessuale e identità di genere;

– attivazione di una rete regionale contro le discriminazioni e per il sostegno all’inserimento lavorativo per persone LGBTI;

– promozione di una cultura del rispetto dell’altro e delle diversità.

VALORIZZAZIONE DEL TERZO SETTORE

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha mostrato chiaramente quanto una stretta collaborazione tra il terzo settore e le istituzioni possa qualificare e rafforzare l’efficacia di qualsiasi intervento a favore della popolazione e del suo benessere.

La capacità dell’associazionismo toscano di costruire reti sui territori sui temi più diversi costituisce una ricchezza inestimabile per la società toscana e un elemento fondamentale per rispondere prontamente e in modo qualificato ai bisogni esistenti ed emergenti, a causa degli effetti sociali dell’emergenza sanitaria.

L’approvazione, in conclusione di legislatura, della Legge Regionale sul Terzo settore testimonia l’attenzione della Regione Toscana al lavoro svolto quotidianamente sul territorio regionale da migliaia di volontari e associazioni. La Toscana infatti si caratterizza anche a livello nazionale per un’elevata presenza di cittadini attivi nel volontariato che risultano essere 71 per 1000 abitanti, contro una media nazionale di 51 su 1000 abitanti.

LA nuova normativa disciplina le forme di una collaborazione costante e costruttiva tra il Terzo settore e la pubblica amministrazione in ambito regionale, definendo regole e procedure da seguire per garantire la massima efficacia e trasparenza.

Viene istituita la Consulta per il Terzo settore con importanti compiti di iniziativa e proposta, di monitoraggio sull’attuazione delle legge.

Sarà fondamentale seguire nei prossimi anni i risultati dell’applicazione di questa legge, consapevoli della necessità di verificare costantemente che la collaborazione non si tramuti in sostituzione del terzo settore agli obblighi delle istituzioni nella garanzia di servizi e diritti, e che vengano denunciate con decisione le situazioni in cui il lavoro volontario potrebbe costituire una minaccia per le tutele e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in qualsiasi modo impiegati in campi affini.


Sport

Chiave fondamentale per aiutare la crescita delle nuove generazioni e la qualità della vita per tutte le generazioni, strumento di coesione, deve essere al centro di un impegno importante per dotarlo di strutture sempre più adeguate ma anche economicamente più sostenibili. Dobbiamo impegnarci per rafforzare lo sport dilettantistico le cui attività vanno valorizzate anche come strumento di coesione sociale e attività fondamentale per chi è portatore di disabilità.

SOLIDARIETA' E ACCOGLIENZA

Se, come i recenti annunci della Ministra dell’Interno Lamorgese, i decreti sicurezza emanati dal Ministro Salvini saranno definitivamente superati, il nostro paese tornerà ad essere più umano e anche in linea con le convenzioni internazionali sui diritti umani rispetto alle migliaia di esseri umani, emigrati e fuggiti dai loro paesi a causa di guerre, dittature, povertà, carestie e cambiamenti climatici.

Qui c’è un terreno importante di civiltà per la Regione Toscana che, fuori da ogni retorica sui fasti del passato, deve comprendere da un lato le esigenze concrete di cittadini migranti e dall’altro che la presenza di queste persone, dei loro figli e delle loro organizzazioni sociali, culturali e produttive nella nostra Regione possono essere linfa vitale per lo sviluppo sociale, economico e culturale della Toscana. Da qui passa una linea di divisione profonda fra centrosinistra e la destra, anche in Toscana e qui c’è una ragione importante per riproporre una alleanza di governo in Regione che eviti il rischio del governo della destra: se c’è un settore in cui la differenza fra destra e sinistra è più vivo che mai è quello delle politiche verso i cittadini stranieri. Non è questione di chi viene prima (la insopportabile retorica xenofoba del “prima gli italiani” o “prima i toscani”), ma di come politiche di accoglienza e di inserimento formativo, sociale, lavorativo e culturale di migliaia di cittadini stranieri possa far crescere la nostra Regione.

Per questo, il superamento dei decreti sicurezza di Salvini deve coincidere con un nuovo protagonismo della Regione Toscana e degli enti locali in questo settore, esattamente come fu alcuni anni fa con il modello dell’accoglienza diffusa che il governo di Enrico Rossi mise in pratica nei momenti dell’emergenza sbarchi e che poteva ben rappresentare un modello per tutto il paese, proprio per la sua capacità di coinvolgere il territorio e le comunità della nostra Regione.

Il tema è ancora questo. Anche per effetto del decreti Salvini il rapporto dei cittadini stranieri, migranti e non, si è concentrato nel rapporto con le Questure, le Prefetture, la polizia perché è stato interpretato come un problema di sicurezza; invece il rapporto più intenso e corretto dovrebbe essere con gli enti locali perché è una questione di sviluppo sociale, economico e culturale.

Da questo punto di vista Regione Toscana de Enti Locali dovranno prepararsi a questa nuova fase e affrontare, concretamente i problemi che i cittadini migranti si trovano quotidianamente ad affrontare e, al contempo, mettere in atto una strategica di inserimento sociale.

Anche per effetto del Covid, si dovrà affrontare e risolvere positivamente la tendenza a rendere il cittadino straniero autonomo e più fiducioso nei rapporti con la Pubblica Amministrazione locale, anche attraverso gli strumenti online. Ma qui c’è un grande lavoro di alfabetizzazione informatica da fare nei confronti di queste persone e di dotazione di strumenti per rendere questo obiettivo raggiungibile. Ma soprattutto occorre maggiore efficienza complessivamente nella Pubblica Amministrazione locale nei rapporti con i cittadini stranieri: tempi lunghi e ritardi (che in Toscana superano addirittura la “Bossi-Fini” che prevedeva un limite di 90 giorni per ottenere il permesso di soggiorno, arrivando fino a 180 giorni), diventano di fatto elementi pregiudizievoli per la concreta attivazione di diritti umani fondamentali. Questo problema burocratico può essere risolto solo se le autorità statali competenti (le Questure, in particolare) accettano di costruire una “alleanza” strategica con gli enti territoriali e con le realtà del terzo settore attive sul territorio, per rendere più efficiente e, al contempo, includente e umana l’azione della Amministrazione.

Siamo, drammaticamente, passati dall’idea di “l’Italia sono anch’io” per dare cittadinanza ai nati in Italia da cittadini stranieri (che per esclusiva ignavia della politica non si è trasformata in realtà) a negare la “carta di permanenza illimitata” ai figli di stranieri che già hanno tale carta, con il risultato disumano e incomprensibile di dare a questi bambini solo il permesso temporaneo. Sono irrigidimenti e interpretazioni discrezionali e ottusi delle norme volute dalla destra in questo paese.

Ma compito della sinistra è rendere la vita più umana alle persone, avendo a riferimento dei valori di umanità, accoglienza, inclusione sociale e uguaglianza: se non fa questo, la sinistra non ha più senso di esistere. Per noi questo è un impegno centrale, finanche fondativo, di una presenza nel governo della Toscana. La prospettiva di una maggiore, vera, efficiente collaborazione fra le diverse articolazioni dell’Amministrazione pubblica nei riguardi dei cittadini stranieri è un concreto programma di governo che poggia su valori che ci distinguono nettamente e insanabilmente dalla destra.

LOTTA ALLA POVERTA'

Gli effetti dell’emergenza sanitaria sulla tenuta economica e sociale della Toscana sono ancora tutti da comprendere e verificare. Dalle prime stime prodotte dall’IRPET emerge, tuttavia, chiaramente che avremo davanti anni di rallentamento dell’economia toscana, di aumento delle diseguaglianze tra diversi ambiti territoriali, e all’interno degli stessi territori.

La crisi si redistribuirà in maniera assai diseguale tra classi sociali, territori, aree e settori produttivi. Comprendere rapidamente le tendenze in atto in questi ambiti sarà fondamentale per poterne contrastare e mitigare gli effetti.

La Regione Toscana può contribuire, insieme alla fitta rete dei soggetti del Terzo Settore ad intervenire tempestivamente con un fondo speciale per il contrasto alla povertà e un piano strategico di coordinamento tra istituzioni, soggetti del Terzo settore, volontari per favorire la partecipazione attiva e il contrasto all’emarginazione sociale nelle situazioni di maggiore criticità.

PARTECIPAZIONE

La Toscana, nel 2006, è stata la prima Regione a dotarsi di una Legge regionale per la promozione della partecipazione dei cittadini quale forma ordinaria di governo, al fine di favorire il diretto coinvolgimento delle comunità locali nella elaborazione delle scelte di governo.

A circa quindici anni di distanza, la legge regionale e l’impegno della Regione in questo ambito deve ritrovare un nuovo slancio, coniugando il rafforzamento della partecipazione attiva dei cittadini e delle cittadine con il rilancio della programmazione regionale sui temi della sostenibilità, dell’inclusione sociale e del contrasto alla povertà.

La partecipazione attiva dei cittadini è infatti un elemento fondamentale per la costruzione della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi, qui già delineati in tema di beni comuni, rigenerazione urbana, valorizzazione delle aree interne e politiche di inclusione sociale volte a contrastare l’impoverimento e l’emarginazione sociale di fasce sempre più ampie della popolazione.

COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

La Regione Toscana deve impegnarsi a potenziare la sua iniziativa in questo settore, assai ridimensionato negli ultimi anni, in un’ottica di sistema, nel quale – anche alla luce della nuova legge a legge 125/2014 “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” – la Regione svolga una funzione di programmazione, di integrazione degli interventi recuperando il ruolo, le competenze e le esperienze degli enti locali, delle Ong toscane, e rafforzando il coinvolgimento delle comunità di migranti, delle imprese, della società civile. Solo con il coinvolgimento dal basso, concreto e proattivo di tutti gli attori del territorio, si può pensare di arginare l’ondata di attacchi che in questa fase storica è rivolta a tutte le iniziative che pongono al centro la solidarietà verso gli altri. In modo particolare, l’attività di cooperazione internazionale della Regione dovrà concentrarsi sull’area mediterranea ed entrare a far parte di una politica integrata che comprenda azioni di cosviluppo, di cooperazione economica e istituzionale, di promozione delle comunità locali secondo progetti concepiti e realizzati in partenariato paritario. La Regione si impegnerà a riportare le risorse impiegate in questo settore a livelli ante 2015.

BAMBINE E BAMBINI

L’emergenza sanitaria ha posto sotto gli occhi di tutti la necessità di pensare, di ripensare, gli spazi dell’abitare e del vivere nelle nostre città in modo che i diritti dei bambini e delle bambine trovino attenzione quali diritti pieni di cittadinanza.

Le misure restrittive a cui anche i più piccoli sono stati soggetti, le incertezze sul rientro a scuola e agli asili, gli indugi sulla riapertura degli spazi pubblici in sicurezza, le difficoltà di garantire anche in emergenza la socialità tra giovani e giovanissimi, elemento indispensabile per la loro crescita e formazione come individui e cittadini impongono una riflessione seria sul quale sia il ruolo che la nostra società riserva ai bambini, alle bambine e alla loro formazione.

Una lettura generazionale dei servizi e dell’accessibilità agli stessi, mappando opportunità e criticità nei vari territori, può essere un primo punto di partenza per una programmazione regionale che, nell’immaginare i servizi (sociali, culturali, sportivi, ludici ecc) sappia includere i bisogni dei più piccoli.

Il programma di Sinistra Civica Ecologista è stato pubblicato ad agosto 2020