Sinistra Civica Ecologista sulle Elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024
Sinistra Civica Ecologista sulle Elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024
Documento 21 maggio 2024
LE SFIDE PER L’EUROPA
Sinistra Civica Ecologista è una realtà sociale e politica europeista, pacifista e ambientalista. Crediamo e lavoriamo per un’Europa che rinnovi la sua missione sociale e di ponte fra i popoli e gli Stati d’Europa e fra questi e i loro vicini, ad est come a sud. L’idea di Europa nasce nel pieno del secondo conflitto mondiale da perseguitati politici da regimi razzisti, guerrafondai e dittatoriali; persone che pensano un nuovo patto civile tra le democrazie europee che sarebbero sorte al termine del conflitto per la pace e il dialogo in Europa e per fare dell’Europa un motore di pace e giustizia nel mondo.
A questo obiettivo, ancora oggi attuale, restiamo fedeli. Per questo non ci appartiene l’idea che le controversie fra le nazioni possano essere risolte con la guerra e respingiamo ogni azione, politica ed economica, che prepari le guerre di domani, a partire dal riarmo e dall’aumento sconsiderato delle spese militari. Al contrario la spesa pubblica europea dovrebbe rivolgersi alle due grandi priorità civili e pacifiche per il continente e per il mondo: l’impegno per invertire la crisi climatica e favorire la transizione energetica ed ecologica e quello per l’inclusione sociale, la riduzione delle disuguaglianze e la salute pubblica.
Quest’ultima priorità ha mostrato tutta la sua urgenza durante gli anni della pandemia e dovrebbe aver lasciato almeno questa consapevolezza nelle istituzioni europee e negli Stati membri.
Nei prossimi anni l’UE dovrà affrontare numerose sfide: dai cambiamenti climatici alla crescita delle disuguaglianze, attraversando instabilità geopolitiche e conflitti, l’impegno per lo sviluppo di politiche industriali coordinate a livello europeo anche per far fronte alla necessità della transizione ecologica, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle innovazioni tecnologiche, la costruzione di un sistema finanziario funzionale ad affrontare queste sfide.
Purtroppo, la torsione data negli ultimi decenni all’Europa è stata quella di un’Unione dei mercati e della finanza spesso fini a sé stessi e non strumentali ad una idea di Europa sociale e sostenibile, che ha allargato le distanze fra i pochi molto ricchi e i molti sempre più poveri. Un sistema finanziario inadeguato a soddisfare i bisogni e le richieste del pianeta, delle persone e della società, che è stato parte del problema, alimentando crisi continue, e non della soluzione.
PACE
Nel momento in cui una pluralità di conflitti sconvolge il pianeta, alcuni anche alle porte dell’UE, occorre una riflessione e un impegno particolari sul tema della pace.
Da sempre la sinistra si caratterizza per il più netto rifiuto della guerra e coerentemente con questa storia, Sinistra Civica Ecologista rifiuta l’idea che si debba alimentare con risorse pubbliche (sottratte, per esempio, a politiche pubbliche per l’inclusione sociale e per la salute) l’industria degli armamenti, la quale prospera sulla preparazione delle guerre, dei conflitti e della violazione sistematica dei diritti umani.
Oggi, purtroppo, assistiamo a una corsa al riarmo, con le istituzioni europee che spingono apertamente per un sempre maggiore finanziamento della produzione di armi. Ciò implica la destinazione di risorse pubbliche, dei singoli Stati (con l’obiettivo di arrivare a destinare almeno il 2% del PIL a questo settore) e della stessa Unione Europea, distraendo così risorse dalle urgenze legate ai cambiamenti climatici e alle disuguaglianze. Il paradosso è che l’UE non è ancora riuscita a trovare un accordo soddisfacente per reperire risorse addizionali e strumenti innovativi come lo scorporo degli investimenti per la riconversione ambientale dal computo del Patto di Stabilità o l’emissione di obbligazioni ad hoc (i cosiddetti eurobond). Ciò nonostante, si sta parlando oggi di nuove risorse per sostenere l’industria bellica, addirittura pensando di modificare il mandato della Banca Europea per gli Investimenti.
Chiediamo alle forze politiche che si candidano per il Parlamento Europeo e gli stessi europarlamentari di esprimersi inequivocabilmente contro questa evenienza.
UNA MAGGIORE TRASPARENZA SU SCALA EUROPEA
Chiediamo una maggiore trasparenza e controllo pubblico sul commercio e sul finanziamento da parte delle banche degli armamenti. L’Italia vanta una normativa, la Legge 185/90, che impone di rendere pubblico l’elenco delle banche coinvolte nell’import - export di materiali di armamento. Mentre questa normativa viene rimessa in discussione in Italia, chiediamo che sia approvata una normativa analoga su scala europea che, oltre alla L.185/90, tenga conto delle best practice di altri Paesi dell’UE. Il punto di partenza e riferimento di una simile normativa europea dovrebbe essere il Trattato Internazionale sul Commercio delle Armi, che si fonda sulla trasparenza e sulla vocazione dell’Ue a politiche di pace e di sviluppo fra gli Stati membri e con i paesi vicini.
CONTRASTARE I PARADISI FISCALI
In ottica di trasparenza, un punto fondamentale è che l’Europa compia progressi nella lotta contro i paradisi fiscali. Nonostante siano stati oggetto di discussione nell’agenda europea per un lungo periodo, i paradisi fiscali continuano a prosperare. Assistiamo anche a una preoccupante competizione tra i paesi dell’UE per offrire condizioni favorevoli a capitali e società finanziarie, che si traduce con una elusione di gettito fiscale da parte delle grandi imprese, che sarebbe invece necessario per garantire equità e servizi per tutti i cittadini. Una “competizione” che stride con quella che dovrebbe caratterizzarsi, al contrario, con una reale “unione” europea.
AMBIENTE - Riconversione ecologica o greenwashing?
Fronteggiare i cambiamenti climatici è la sfida più urgente e pressante per l’umanità. L’Ue ha deciso di destinare importanti risorse del proprio budget a questa sfida. Ma, ancor più, ha inteso spingere il sistema finanziario a sostenere questa impresa. Così la sostenibilità è diventata un vero e proprio mantra in Europa. Tuttavia, una recente ricerca mostra come i maggiori 60 gruppi bancari - spesso gli stessi in prima fila nel celebrare la propria “sostenibilità” - hanno fornito una cifra intorno ai 5.500 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili negli ultimi sette anni, proprio nel periodo che va dalla firma dell’Accordo di Parigi a oggi.
Mentre finalmente la comunità internazionale riconosceva l’urgenza di agire contro i cambiamenti climatici, il sistema finanziario si muoveva in direzione diametralmente opposta. In questa enorme discrepanza tra le dichiarazioni e l’operatività quotidiana si sta giocando il futuro del pianeta.
Negli ultimi anni l’Europa si è mossa nella giusta direzione, ma nel corso degli anni, l’ambizione originale è stata diluita e indebolita, anche sulla spinta delle potenti lobby del settore. Uno degli elementi più preoccupanti è stata la decisione di includere, pur con alcuni limiti, persino il gas e il nucleare tra le attività che possono essere definite sostenibili.
INCLUSIONE ED ECONOMIA SOCIALE. Diseguaglianze crescenti
Per quanto riguarda l’attenzione all’inclusione sociale, l’attenzione principale deve essere rivolta al tema della “disuguaglianza”. Assistiamo a crescenti disparità di ricchezza e di reddito, che stanno diventando sempre più insostenibili. Nell’ambito dell’economia e della finanza, vi sono enormi disuguaglianze nelle porzioni di reddito detenute dalle varie classi di popolazione, soprattutto le più vulnerabili. Anche le questioni di genere, come quella dei divari retributivi, sono un problema di grande importanza. Basti pensare al divario salariale fra lavoratrici e lavoratori in diversi settori e in modo diversificato nei paesi membri dell’Unione.
In questa situazione di crescenti disuguaglianze, l’Ue ha scelto più volte di salvare e risanare le banche - spesso origine delle crisi che hanno colpito l’Unione, scaricando i problemi sul sistema economico e produttivo, e in particolare sui soggetti considerati più deboli, quali le piccole imprese, l’economia sociale, il non profit, e, in ultima analisi, sulle persone e i risparmiatori più fragili.
Ecco perché la normativa sulla separazione delle banche commerciali da quelle d’investimento non è affatto un tema “tecnico” bensì il cuore dell’azione dell’Unione per una vera riduzione delle disuguaglianze. Essa porterebbe ad evitare i ricatti ai governi da parte delle banche troppo grandi o troppo interconnesse per fallire e l’evidente distorsione del mercato. Ma soprattutto ad evitare che con i soldi pubblici si crei una rete di salvataggio che spinge i manager degli istituti finanziari a prendere rischi sempre maggiori, nonché a far aumentare l’instabilità macroeconomica. I cui effetti ricadrebbero sui piccoli risparmiatori.
Non possiamo dimenticare che proprio la crisi del 2008-2009 e quelle che sono seguite, generate in Europa dal sistema finanziario, sono state pagate dai risparmiatori e da interi paesi che sono stati obbligati a svendere i propri asset per ricevere prestiti della BCE e ridurre il proprio debito pubblico. Sono gli stessi paesi che oggi spendono la maggiore quota del proprio PIL per le armi (Grecia) o che sono invitati caldamente a farlo (Italia e Spagna).
Nel frattempo, la spinta per una regolamentazione che ponga un limite agli eccessi speculativi e alla visione di brevissimo termine della finanza, che pure aveva caratterizzato gli anni successivi alla bolla dei subprime, è andata affievolendosi fino a scomparire. Non possiamo semplicemente rimanere in attesa della prossima crisi per rilanciarla, ma chiediamo con forza che alcune proposte già discusse negli anni passati - come la separazione tra banche commerciali e di investimento o la cd Tobin tax - vengano riprese in carico e approvate nella prossima legislatura.
L’idea e la pratica di un’economia sociale, che cioè si pone obiettivi di inclusione delle persone con varie fragilità, di redistribuzione più equa della ricchezza e orientata al bene comune, alla salvaguardia del pianeta per garantire condizioni di vita sostenibili per le generazioni giovani e future, deve fondarsi sull’espansione dei diritti delle persone lavoratrici in tutta l’Unione europea. La libera circolazione di capitali entro i confini europei non può sopportare barriere di tipo sociale fra le persone che vivono e lavorano all’interno dei suoi confini. Ma, diciamo noi, prima vengono le persone con il loro diritto ad un lavoro dignitoso (sia nelle condizioni di esercizio, che nella sua retribuzione) e dopo i capitali. L’Europa può e deve determinare standard di diritti di tutte le persone lavoratrici all’interno dell’Unione e imporre alla legislazione degli Stati membri di adeguarvisi, esattamente come ha fatto in molti altri settori (v. quelli bancario-finanziari).
Allo stesso modo l’Europa deve essere accogliente verso le persone che cercano nel nostro spazio politico riparo e riconoscimento dei propri fondamentali diritti umani, rifugio da condizioni di vita insostenibili dal punto di vista politico, sociale e ambientale e speranza di un futuro per loro e per i propri figli. Ciò non solo perché è necessario per il futuro demografico ed economico dell’Europa, ma prima di tutto perché l’Unione europea nasce, come ispirazione e progetto politico, fra persone rinchiuse al confino dai regimi fascisti o che stavano concretamente combattendo per la libertà contro il nazifascismo e che hanno dato vita ai trattati internazionali applicativi della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Qualunque sia la causa all’origine della migrazione, dice l’art. 13, par. 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, «ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese». Su queste basi poggia l’idea di un’Europa aperta, inclusiva e solidale. Per questo il Mediterraneo o altre aree di “confine” dell’Unione non possono trasformarsi in zone dove i diritti fondamentali degli uomini e delle donne vengono affievoliti o negati trasformandosi in barriere o, peggio ancora, in aree di detenzione dei migranti o cimiteri.
UN VOTO IMPORTANTE
Il voto europeo è, dunque, importante e decisivo. Come sempre in ogni processo democratico, che dipende in pari misura dal voto di ciascuno: forse l’unico momento nella vita dei regimi democratici in cui siamo davvero uguali di fronte alle istituzioni e al futuro. Ma quello europeo in questo 2024 è doppiamente importante.
Prima di tutto perché la costruzione dell’Europa politica è tutt’altro che compiuta. Gli ultimi anni e i prossimi hanno cambiato e possono ancora cambiare il quadro costitutivo dell’Unione: l’allargamento ad est, le crisi finanziaria, climatica, sociale e pandemica ne hanno da un lato accentuato la dipendenza dai centri del grande potere economico e finanziario, ma dall’altro anche mostrato le grandi potenzialità di azione nel determinare il futuro del pianeta e delle nuove generazioni. Il nostro voto può far pendere l’ago della bilancia in una direzione piuttosto che nell’altra.
In secondo luogo, in queste elezioni è in gioco l’assetto politico del continente per i prossimi decenni. La destra più reazionaria, sovranista e antieuropea, al governo o comunque in crescita in diversi paesi dell’Unione punta a essere determinante nell’elezione del presidente della Commissione e nel Parlamento che determina l’indirizzo politico dell’Unione. Ciò può innescare un processo di progressiva compressione dei diritti e delle libertà fondamentali per i cittadini e di chiusura verso l’esterno, dando vita ad un’idea dell’Unione come di una fortezza chiusa, sottoposta ad un regime illiberale interno. Il nostro voto per quelle realtà politiche sinceramente democratiche, progressiste e di sinistra può far fallire il disegno delle destre sovraniste. Noi di Sinistra Civica Ecologista siamo schierati da questa parte. Abbiamo la consapevolezza e sentiamo la responsabilità di difendere l’idea europeista dei padri fondatori e i contenuti democratici, sociali e pacifisti su cui l’Europa è stata costruita. Avvertiamo l’urgenza e l’importanza di difendere queste radici dell’Unione e, allo stesso tempo, di riportarla ad interpretare la propria missione come quella di promozione dei diritti umani universali e dei diritti sociali per tutte le persone che vivono e si trovano dentro l’Unione. Sentiamo l’obbligo politico e morale di liberare le energie, le speranze e le opportunità che questo grande esperimento democratico può costituire per i popoli e le persone vicine, per il futuro delle future generazioni e del pianeta.
Invitiamo dunque a sostenere le candidate e i candidati progressisti più impegnati a perseguire obiettivi di pace, di uguaglianza sociale e di libertà.
21 maggio 2024