I valori del nostro pacifismo

Disarmo - Diritti umani, sociali, politici - Nonviolenza

I pacifisti in Italia, in Europa e in molte altre parti si sono subito mobilitati dopo l’invasione dell’Ucraina: milioni di persone nel mondo hanno partecipato a manifestazioni e proteste. Assieme alla immediata richiesta di fermare la guerra c’è la convinzione che la sicurezza a tutti i livelli geografici non si protegge con le armi, va costruito un nuovo ordine internazionale di pace.

Siamo attivi e presenti ovunque ci sia un impegno onesto e determinato per fermare questa guerra di aggressione della Russia all’Ucraina. Oggi la priorità è fermare la guerra e le armi perché questa è la condizione di base per una pace stabile nell’area. Questo significa fermare l’aggressione dell’esercito russo contro l’incolpevole popolo ucraino, oggi strenuamente impegnato a resistere, nelle proprie martoriate città, in difesa del proprio Paese e della propria inviolabilità e autonomia.

Siamo contro Putin e il suo sistema di potere, che annichilisce i diritti umani, civili e politici, a partire dal proprio Paese. Siamo contro le sue politiche di occupazione e di intervento militare che creano continue guerre, immani sofferenze e devastazioni di interi territori e comunità.

Sosteniamo la coraggiosa presa di posizione pubblica di donne russe e femministe, che hanno denunciato la guerra in Ucraina attraverso un manifesto, nel quale si legge: "la guerra significa violenza, povertà, migrazioni forzate, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. E' inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento delle donne e del movimento femminista. La guerra esaspera la disuguaglianza tra i sessi e riporta indietro di molti anni le conquiste dei diritti umani delle donne, e non solo. La guerra porta con sé non solo la violenza delle bombe e dei proiettili, ma anche la violenza sessuale contro le donne".

Il nostro è un pacifismo realista. La concreta realtà della guerra (in Ucraina e negli altri 30 teatri di conflitto aperti nel mondo) e la sua possibilità di degenerare in un conflitto nucleare o con armi di sterminio di massa, rende possibile al pacifismo di appropriarsi dei severi argomenti del realismo. Dall’altro lato il realismo deve integrare in sé le ragioni dell’utopia, ché altrimenti negherà se stesso. Ciò che faceva parlare Ernesto Balducci della pace come del realismo di un’utopia è oggi, durante la terribile guerra in Ucraina, la condizione con cui, negli anni ‘20 del XXI secolo, dobbiamo confrontarci. La guerra è uscita per sempre dalla sfera della razionalità; solo la pace è oggi razionale.

Il pacifismo non è solo evitare le guerre o le cause che le rendono possibili, prima fra tutte la produzione e l’esportazione di armi. Ma il pacifismo è soprattutto un modo di concepire il mondo e i rapporti fra uomo e uomo (la società) e fra uomo e ambiente (l’ecologia). La sua cultura è la nonviolenza: non solo la negazione della violenza, ma una vera e propria mutazione culturale. La nonviolenza non è rassegnazione passiva, ma un metodo e una cultura per combattere concretamente violenza ed oppressione e una idea su cui costruire una società inclusiva e aperta alla diversità, cooperativa e pacifica verso tutti gli appartenenti all’unica razza umana e verso tutto il vivente, rispettosa dei diritti umani, sociali, civili e politici.

Il pacifismo non può essere “a chiamata”: “ora che c’è la guerra dov’è il pacifismo?” si è chiesto provocatoriamente alla vigilia del conflitto in Ucraina. Ma il pacifismo ha operato ogni giorno, impegnato contro il commercio e la produzione di armi, per l’accoglienza dei profughi di ogni guerra o disastro ambientale e umanitario, per i diritti degli immigrati, per la cooperazione allo sviluppo, per il dialogo fra le religioni e le etnie. Questo è il nostro pacifismo, che non ha bisogno di essere evocato quando serve al sistema, e che viene ignorato o ostacolato quando mette in discussione i presupposti di violenza dello stesso.

Appare purtroppo evidente l’assenza di efficaci e credibili politiche di prevenzione della guerra e questo vale non solo per l’Ucraina ma anche per tutti, i tanti conflitti presenti ed attivi nel Mondo. Domina ancora la logica del potere degli Stati, l’uso delle armi, la Realpolitik e non emerge assolutamente una visione politica su come garantire la sicurezza comune, la determinazione a costruirla, gli strumenti adeguati all’obiettivo: quello di non far scoppiare le guerre.

L’interventismo militare si è dimostrato ovunque fallimentare, non ha portato a una maggior sicurezza, a risultati politici significativi e stabili. Non c’è pace e stabilità in Medio Oriente dopo le guerre in Iraq, la distruzione della Siria e il conflitto permanente in Palestina. Non ci sono democrazia e diritti umani in Afghanistan dopo ben venti anni di occupazione militare. Per venire in Europa, non si è costruita una pace vera dopo l’intervento della Nato in Kosovo.

Siamo contro il nazionalismo, di ogni specie e ad ogni latitudine, che provoca guerre (come appunto avvenne negli anni ‘90 nei Balcani) e si nutre dello sciovinismo, del razzismo e dell’esclusivismo culturale. Noi pensiamo che un nuovo e diverso ordine internazionale debba fare riferimento primario a quanto preconizzato dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Carta dei diritti dell’uomo del 1948 e i trattati che a questo quadro internazionalista fanno riferimento.

Siamo europeisti. L’Europa deve ritrovare la sua ispirazione originaria che non si trova nel riarmo ma nel suo contrario, il disarmo e la coesistenza pacifica fra i popoli dello spazio europeo. Siamo per una idea di Europa protagonista di una strategia di disarmo per evitare altre guerre; per il modello sociale europeo per ridurre la piaga delle diseguaglianze; per uno sviluppo fondato sull’allargamento dei diritti civili delle persone e delle future generazioni. L’Europa deve trovare la forza e l’intelligenza di darsi una vera e propria politica estera comune e farlo al più presto. All’interno di questa va inserita ed ancorata una strategia di sicurezza comune la cui costruzione deve avere una funzione strettamente difensiva e, solo in un quadro di accordi internazionali definiti concordemente fra le parti, una funzione di peacekeeping, cioè operazioni, anche di carattere non strettamente militare, condotte da forze armate multinazionali costituite da contingenti messi a disposizione dagli Stati membri allo scopo di mantenere la pace in aree di crisi.

Siamo fortemente contrari all’aumento delle spese militari e alla decisione del Parlamento e del Governo italiano di portarle al 2% del PIL, il che significa far passare la spesa militare dai 26 miliardi attuali (cifra già enorme) ai 38 miliardi di euro. Risorse in più che invece vanno destinate a infrastrutture e servizi fondamentali quali sanità, istruzione, servizi sociali, a ridurre la povertà e le diseguaglianze, alla cooperazione allo sviluppo, all’ambiente e alla transizione ecologica.

La sicurezza delle comunità, delle nazioni e dell’Europa non risiede nell’aumento delle spese militari e nella diffusione dei sistemi d’arma. Questi sono realizzati per essere usati; il loro commercio, troppo spesso, viola nella sostanza la L.185/90 che ne impedirebbe il commercio a paesi belligeranti e retti da regimi che violano sistematicamente i diritti umani. Inoltre, l’esportazione di armi in aree del globo soggette a turbolenze politiche rende sempre più insicure queste aree e rischia di far arrivare le armi nelle mani di truppe irregolari, gruppi terroristici, leader sanguinari. Questo è uno dei motivi per i quali siamo contrari al trasferimento di armi anche in Ucraina. Pensiamo, invece, che la sicurezza in queste aree possa essere garantita dalle Nazioni Unite, il cui ruolo deve crescere insieme alla sua autorevolezza. È questa la condizione per la corretta attuazione del 2° comma dell’art.11 della nostra Costituzione: l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”. In questo quadro soltanto sono possibili le operazioni di peace enforcing, operazioni militari svolte sulla base del capitolo VII dello statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, quando le parti in causa non abbiano raggiunto un accordo consensuale per la cessazione delle ostilità.

Dalla guerra e dalla situazione di crisi nella quale è precipitata l’Europa si può uscire solo con una soluzione politica condivisa, nel rispetto della volontà popolare, nel rispetto della democrazia, dei diritti umani e delle minoranze. Pensare di fermare la guerra inviando altre armi, significa soltanto prolungarla, rischiare di rendere l’Ucraina una sorta di Afghanistan europeo.

La soluzione alla guerra non può essere che il negoziato, la trattativa con Putin e siamo sconcertati delle parole del Presidente americano Biden assolutamente inaccettabili che sembrano voler alimentare e far proseguire la guerra a tempo indefinito, con le drammatiche conseguenze in primis per l’Ucraina e il suo popolo e ovviamente anche per tutta l’Europa.

Auspichiamo quindi la promozione da parte della Unione europea una Conferenza europea sulla sicurezza e sulla pace sotto l’egida dell’Osce e delle Nazioni Unite, ripartendo dagli accordi di Helsinki, con l’obiettivo di sottoscrivere un accordo internazionale fra tutti gli attori coinvolti sul continente europeo, che delinei gli scenari futuri necessari per garantire la sicurezza comune assieme ai diritti umani. Sarebbe molto sbagliata la costruzione, come proposto da più parti, di una “grande Nato", di una pesante “militarizzazione del continente” e assieme il ridimensionamento dell’Unione Europea, del suo ruolo politico ed istituzionale che la renderebbe ancora più marginale sul piano internazionale.

La priorità della pace in era atomica è inoltre al di sopra di ogni altro argomento. In questo senso auspichiamo e spingiamo affinché l’Italia ratifichi il Trattato ONU di Proibizione delle Armi Nucleari.

Sinistra Civica Ecologista è una associazione politica impegnata a costruire un nuovo pacifismo militante, fatto di concrete azioni anche nella nostra comunità toscana, nell’accoglienza ai profughi della guerra in Ucraina e in tutte le altre aree di conflitto del globo, nella costruzione di occasioni di dialogo fra le tante comunità straniere presenti in Toscana, a cominciare da quelle ucraina e russa, nella realizzazione di incontri di discussione e approfondimento sulle molte problematiche legate ai temi della pace e dei diritti delle persone. Oggi che il conflitto è in corso; domani quando sarà finito e uscirà dal cono di luce dei media; sempre perché se vogliamo la pace dobbiamo preparare la pace.

Apprezziamo e condividiamo le chiare posizioni espresse del Papa contro l’aumento delle spese militari e per il rifiuto assoluto della guerra “A che serve impegnarci tutti insieme, solennemente, a livello internazionale, nelle campagne contro la povertà, contro la fame, contro il degrado nel pianeta, se poi ricadiamo nel vecchio vizio della guerra, nella vecchia strategia della potenza degli armamenti, che riporta tutto e tutti all’indietro? Sempre una guerra ti riporta all’indietro, sempre”.

Apprezziamo e condividiamo le parole e del Presidente nazionale dell’ANPI “L’Anpi condanna in modo fermissimo la guerra di Putin: siamo impegnati a organizzare una manifestazione nazionale per la pace… E lancia un appello al governo italiano, affinché fermi una escalation di guerra e eviti di mandare armi all’Ucraina”.

Sinistra Civica Ecologista aderisce alla Marcia straordinaria Perugia Assisi del 24 aprile e invita tutte le forze sociali, politiche, le istituzioni ad aderire e a partecipare.

6 aprile 2022